Il legato di Giulio Regeni. Un diritto negato a uno, è negato a tutti.

La prima mail fa vibrare il telefonino alle 7.44: “partito”. La seconda arriva 13 minuti dopo: “interrogato al Cairo per due ore, ma adesso è a Roma”. E’ cominciata così, con uno scambio di mail, la nostra giornata per Giulio Regeni e i tanti, troppi casi simili a Giulio Regeni in Egitto.
di Danilo De Biasio, Direttore del Festival dei Diritti Umani di Milano
Le foto sono di Leonardo Brogioni.
Noi del Festival dei Diritti Umani, i nostri compagni di viaggio di Amnesty International e del Cospe, nessuno di noi era sicuro che Ahmed Abdallah riuscisse ad arrivare a Milano. Temevamo che all’ultimo momento lo avrebbero bloccato in aeroporto. Quando l’abbiamo visto arrivare, col cappottone nero – che contrastava con quello coloratissimo dell’avvocata Alessandra Ballerini, la legale della famiglia Regeni – abbiamo capito che eravamo riusciti nell’impresa: alzare lo sguardo sulla violazione sistematica e di massa dei diritti umani in Egitto.
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L’idea è partita qualche settimana fa, per non fare di Giulio Regeni il santino che, finita la ricorrenza, finisce in qualche cassetto. Se il ricercatore italiano ha fatto quella fine orribile non è un caso: è potuto accadere perché l’intera catena degli apparati di polizia egiziana è abituata a questi trattamenti, perché qualcuno più in alto lo ha ordinato, o ha lasciato farlo. Perché quando si violano i diritti più elementari non c’è confine che tenga: può capitare all’opposizione armata o a quella non-violenta, puoi essere torturato perché hai la lunga barba tipica dei Fratelli musulmani o rischiare di finire desaparecido perché hai i capelli troppo lunghi. Come è capitato a Ahmed Said, l’altro ospite egiziano del convegno.
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Con la sua bella faccia sorridente questo medico/poeta ha raccontato che è stato arrestato quel maledetto 19 novembre 2015, mentre curava i manifestanti feriti. Ha sentito un poliziotto che urlava “prendi quello con i capelli lunghi” e poi … il buio, un anno intero di prigione, torture, botte e domande su Regeni. “Uno di noi”, dice Ahmed Said. E quando l’intera sala si alza in piedi per applaudirlo diventa piccolo piccolo, quasi non capisce perché è diventato così importante la sua vicenda, visto che come lui è successo ad almeno altri 40mila detenuti politici egiziani.

L’incontro di Milano intitolato “Non solo Regeni” è stato organizzato insieme all’Ordine degli Avvocati. Anche loro si occupano spesso di violazione dei diritti umani. Spesso lo fanno per casi singoli, a volte su larga scala. Come le ong e le associazioni che si occupano di cooperazione internazionale: provano a cambiare il mondo partendo dai casi individuali. E le violazioni dei diritti non rimangono confinate dove succede: generano conseguenze, si espandono. Capirlo è eticamente giusto. Non capirlo è anche miope. Da cosa scappano tutte le persone che attraversano il Mediterraneo e che s’incamminano sotto la neve dei Balcani?
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L’avvocata Ballerini, la legale della famiglia Regeni, lo dice quasi come se fosse stupita che così pochi lo capiscano: ogni diritto violato ad una persona colpisce ciascuno di noi. Proprio come ci ha insegnato Giulio Regeni.
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