Piazza Taksim, da simbolo di democrazia a testimone della deriva autoritaria turca

 
Dall’essere una democrazia de iure la Turchia si è trasformata in una dittatura de facto. Nel giro di una settimana, un golpe fallito ha portato alla sospensione della Convenzione Europea dei Diritti Umani. Il giro di vite si stringe su giornalisti, magistrati e intellettuali. La pena di morte potrebbe essere presto ripristinata e oramai sono pubbliche le minacce contro Fethullah Gülen – acerrimo nemico di Erdogan – stampate sui manifesti appesi a Piazza Taksim.


Per quella piazza, che nel 2013 era diventata simbolo di democrazia, si rispolverano vecchi progetti di caserme. Degli slogan “Ovunque Taksim! Ovunque Resistenza!” rimane solo l’eco lontana.


Una ragione in più per riscoprire un documentario che gli spettatori del Festival dei Diritti Umani hanno potuto vedere nel maggio scorso: Taksim, Chronicle of the tree revolution, diretto da Jo Béranger e Christian Pfohl.
Il documentario disegna la parabola del movimento di Piazza Taksim. Tra le testimonianze raccolte c’è anche quella di Mücella Yapici, presidente della Camera d’Architettura di Istanbul, che spiega la particolarità di Taksim Square, la prima piazza di Istanbul concepita e disegnata come luogo pubblico e considerata da tutti i turchi simbolo di democrazia. Proprio lì il 1° maggio 1977 33 dimostranti – considerati martiri – sono stati uccisi.

“Da allora Taksim ha acquisito un valore simbolico molto speciale. L’intero sistema del potere lo sa. È per questo che, per Istanbul, per tutta la Turchia, non solo per il movimento dei lavoratori, Taksim è la piazza della democrazia. Se una squadra di calcio vince una coppa, si festeggia a Taksim. Ci si incontra a Taksim per festeggiare il nuovo anno. Taksim non è solo uno spazio: partecipa a ogni grande evento storico, è l’identità della città”.

Fotogramma di “Taksim, Chronicle of the Tree Revolution”

Per vedere Taksim, the chronicle of the tree revolution su vimeo.com
https://vimeo.com/ondemand/taksimenglish/129875912