Trump: ordine fuorilegge

America First non era solo protezionismo estremo. Era il razzismo che è finito nel decreto che ha bloccato gli arrivi da sette paesi islamici e che ha scatenato una guerra commerciale con il Messico.
Ah, avessimo un’Europa.

di Angelo Miotto, Q Code Mag
@angelomiotto

Il 29 gennaio scorso davanti all’aereoporto J.F.Kennedy la protesta suonava così, come nel video qui sopra.
Il fatto è noto: un decreto con effetto immediato che stringe e soffoca l’immigrazione da sette Paesi islamici; Libia, Iran, Iraq, Yemen, Somali, Siria, Sudan. Quattro mesi di stop all’immigrazione, poi sarà data precedenza alle minoranze cristiane perseguitate, come recita l’ordine esecutivo. Intanto dal Messico è partito il boicottaggio dei prodotti statunitensi, con una forte campagna che viene sostenuta da politici di diversi schieramenti e che sui social sta trovando ampio spazio.

REGOLE E POTERE

Il rapporto di potere di questa tensione che il neo presidente Usa sta creando in maniera pianificata sembra voler tirare una fune che da una parte è saldamente imbracciata dal potere presidenziale, forte degli apparati di polizia e del carisma se non personale ‘istituzionale’ di quello che viene imposto nel nome della ‘legge’, mentre dall’altra parte troviamo la necssarietà di una difesa di diritti conquistati, sui quali ogni centimetro di cedimento viene perso per sempre.


La partita è importantissima: l’ordine esecutivo che riguarda il blocco dell’immigrazione da sette Paesi è un detonatore che lo stesso Trump ha cercato di rendere inefficace dichiarando fin da subito che non si tratta di una dichiarazion di guerra contro i musulmani. E però le sue parole sono vento, perché i fatti sono evidenti.

L’ordine sarebbe incostituzionale, quindi abbiamo un provvedimento esecutivo che ha sortito il suo effetto grazie proprio al fatto di essere immediatamente eseguibile, che si va a scontrare con delle regole sedimentate che dicono che quell’ordine non poteva essere scritto così o contenere quelle disposizioni. Delle due ipotesi di scuola che si possono avanzare, seguendo strettamnte la logica, la prima è che vi fosse un’ignoranza di legge. Difficile anche solo immaginarlo. La seconda è che pur in presenza di una forzatura della regola e quindi di doversi trovare di fronte a una discussione giuridica, la presidenza Trump abbia deciso comunque di far accadere delle cose, fatti reali di negazione dei diritti, che dimostrano anche solo nell’arco di poche decine di ore quale sia l’effetto pratico nella vita quotidiana e reale.

I social sono ricchi di testimonianze di studenti, professionisti, personalità che stanti queste condizioni non potranno volare negli Usa, o che hanno ricevuta già dalle loro compagnie aeree la notizia di cancellazione di biglietti e destinazione.
Se a questo aggiungiamo il taglio della metà della quota di rifugiati siriani che verranno accolti negli Usa il messaggio è più che mai evidente.

Non c’è il solo egoismo, che con una politica strettamente protezionista lega a meraviglia; qui c’è una concezione di visione del mondo che viene scavalcata da una visione che si concentra sulle capacità statunitensi e che per affermarsi inaugura traumi difficili da riassorbire, poi, in chiave sociale.

Il segnale di ‘resistenza’ come l’ha chiamata un personaggio noto come Bruce Spreengtseen, lo abbiamo recepito dentro quella folla che ha sfilato nella Marcia delle donne. O davanti all’aereoporto, esigendo la liberazione dei trattenuti, verrebbe da scrivere sequestrati.
Ma si tratta di una resistenza che compete, certamente, ai cittadini statunitensi, dove il gioco democratico del ‘Trump ha vinto’ regge, con una sfumatura fondamentale e cioè che anche se Trump ha vinto le elezioni, la minoranza, che in numeri reali sarebbe maggioranza,  ha il diritto di manifestare il proprio dissenso e di andarlo a manifestare sotto i palazzi o i luoghi simbolici che riescano a far arrivare il messaggio alle orecchie del neo-presidente.

CI RIGUARDA

Questa dinamica scellerata e sciagurata arriva come un’onda di piena sulla bella addormentata nel bosco del populismo di destra. L’Europa, se avessimo davvero un’Europa, sarebbe in maniera naturale il luogo dove dimostrare e raccontare il contrario di questo inizio di presidenza statunitense, tutto da dimenticare. L’Europa dei cittadini, non dei capitali, l’Europa di una ritrovata solidarietà, non dei muri egoisti e della mancanza di umanità e rispetto di cui ci parlano le gabbie e le prigioni, anche senza lucchetti, in cui abbiamo relegato chi scappa e arriva su un nuovo territorio.
La direzione che Trump ha indicato ci riguarda e ci pone nelle prime fila di chi si oppone a una serie di scandalose decisioni, che sono state annunciate emesse in opera per farci assaggiare come sarà, per farci vedere quello che potrebbe andare sempre peggio.
Diranno a chi si oppone, che è fuorilegge. Oggi fuorilegge pare esserlo soltanto quell’ordine esecutivo. Ma il potere gioca in casa. Per questo occorre essere all’altezza, più di quanto non sia mai stato fatto.
Salva