25 aprile: un avvenire più umano, più giusto, più libero e lieto

Di Danilo De Biasio.

Le guerre uccidono, distruggono città, frantumano i legami sociali. Dividono. Soprattutto quelle guerre che oltre a contrapporre eserciti in divisa penetrano nella vita di tutti i giorni, imponendo ideologie totalitarie, garantendo diritti solo a pochi, dispensando divieti e regole persecutorie. La Seconda Guerra Mondiale è una di queste. Con una differenza rispetto alle altre: due episodi così incommensurabili come la Shoah e la bomba atomica non erano mai stati provati prima.

Basterebbero i numeri della guerra 39-45 a spiegare la necessità di ricordare. Ma c’è di più. Il mondo si schierò in due parti contrapposte: con i nazisti e i fascisti o contro. Ecco perché il 25 aprile divide ancora: perché tra questi due schieramenti non si può essere equidistanti, non è un derby, non vale il “sì, ma…”

E’ un partigiano, nome di battaglia Santiago, diploma Alexander 165545 a dirlo bene:

Non è detto che fossimo santi

l’eroismo non è sovrumano

corri, abbassati, dai corri avanti!

ogni passo che fai non è vano.

Vedevamo a portata di mano

oltre il tronco il cespuglio il canneto

l’avvenire di un giorno più umano

e più giusto più libero e lieto.

Quel partigiano, non vi stupisca, è Italo Calvino.
E i suoi versi sono diventati una canzonetta: Oltre il ponte. Anche se in rima, adatto per essere cantato, questo testo di Italo Calvino racchiude meglio di un libro di storia l’essenza della Resistenza. I partigiani non erano santi, rischiavano la pelle perché stanchi di subire il nazifascismo, desiderosi di un futuro “più umano, più giusto, più libero e lieto”.

Questa è la chiave ancora adesso per capire il 25 aprile, non le pericolose idiozie sentite in questi giorni. E questo è anche il filo rosso che lega la Liberazione al Festival dei Diritti Umani, quest’anno dedicato al tema “Guerre e Pace”: la pace è un processo difficile, a volte desiderato, a volte ottenuto perché stanchi di guerra, ma non lo si può chiamare così se non contempla diritti uguali per tutti. L’avvenire “più umano, più giusto, più libero e lieto” per cui ha lottato anche un partigiano di nome Italo Calvino.