Alex Langer: un intellettuale dallo sguardo lungo e acuto

Come definireste una persona che anticipa, a volte di anni, importanti questioni che riguardano il nostro vivere? Profeta, mago, indovino… Di fronte ad una presentazione del genere Alex Langer avrebbe riso e, arrossendo un poco, avrebbe replicato con il suo accento tedesco che era tutta un’esagerazione. 

Alex Langer, che esattamente 25 anni fa si suicidò, non era profeta, mago o indovino: era una persona che con grande lucidità e un’asse morale ben definito sapeva leggere in anticipo gli effetti a catena di un gesto, di un’ingiustizia, di una contraddizione. Anche perché lui stesso viveva queste contraddizioni. Nato nell’immediato dopoguerra a Vipiteno, un territorio dove apparati dello stato hanno giocato sporco con il nazionalismo più becero e bombarolo, Alex Langer si fece conoscere giovanissimo con una rivista intitolata “il Ponte”: fin dal titolo una dichiarazione d’intenti. Quando nel 1981 il governo locale impose un censimento in cui gli abitanti dell’Alto Adige/Sud Tirolo si dovevano incasellare come tedeschi, italiani o ladini, Alex Langer guidò la campagna di disobbedienza civile contro queste definizioni etniche. Fu tra i promotori dei Verdi, che nella sua idea non dovevano essere astratti difensori di modelli antichi bensì, al contrario, dovevano essere un passo avanti a tutti per capire le connessioni tra ambiente ed economia, ecosistema e valori etici, pratiche gentili e guerre. 

Il groviglio di conflitti nella ex Jugoslavia esasperò tutti questi ragionamenti: fino a che punto possono spingersi le legittime aspirazioni indipendentiste, cosa fare quando la trattativa non riesce ad imporre neppure uno spiraglio di pace, le conseguenze di un intervento sovranazionale per fermare il massacro dei cittadini di Sarajevo. Guardare quella guerra e sentirsi impotenti fu motivo di enorme sofferenza per un uomo che non si era mai fermato di fronte alla scelleratezza degli eventi. 

Per capire chi era Alex Langer è però molto più utile usare le sue parole. Questo è un articolo scritto nel 1989 per la rivista dei Comboniani Nigrizia e ripresa anni dopo un’altra rivista di grande utilità come Una Città. Una trentina d’anni fa Alex Langer notava che gli elettori un tempo progressisti e oggi votanti per Le Pen, Msi e Lega sono la “dimostrazione che la pura esecrazione e la condanna verbale di voti e atteggiamenti bollati come “razzisti” non fanno poi grande impressione e non dissuadono più di tanto. Anzi – scriveva Langer – i paladini delle varie organizzazioni anti-straniere rivendicano apertamente la necessità di una correzione in chiave fortemente “nazionale” delle politiche e delle società diventate troppo “mescolate e prive di identità riconoscibile”. Parole che sembrano scritte oggi, non trent’anni fa. Così come quel passaggio, così attuale nelle settimane in cui le proteste di Fridays For Future e poi il Covid stanno mettendo in discussione il liberismo: “finché la nostra civiltà industrializzata ed opulenta, consumistica e competitiva imporrà a tutti i popoli la sua legge del profitto e dell’espansione, sarà inevitabile che gli squilibri da essi indotti sull’intero pianeta spingeranno milioni e miliardi di persone a cercare la loro fortuna – anzi la loro sopravvivenza – “a casa nostra”, dopo che abbiamo reso invivibile casa loro”. Quanto ci mancano persone con lo sguardo lungo come Alex Langer. 

 

Articolo Alex Langer