Giornalisti minacciati: ci cambiate la vita ma non il nostro rigore

Il giornalismo migliore è quello coraggioso, che combatte i pregiudizi e non usa gli stereotipi. E tra gli stereotipi ci sono anche quelli che vogliono i giornalisti ammazzati solo in guerra o minacciati dalla criminalità organizzata solo al Sud.
di Danilo De Biasio
La cronaca ci dice, appunto, che è solo un luogo comune. Nell’edizione 2017 del Festival dei Diritti Umani lo abbiamo dimostrato invitando cronisti a rischio di manette o di piombo dalla Turchia o dall’Azerbaijan, e mettendoli a confronto con chi rischia altrettanto nella Terra dei Fuochi o nella Sicilia del Commissario Montalbano. E abbiamo voluto fare altrettanto mercoledì 9 maggio con il convegno “Solidarietà senza frontiere. Scorta mediatica per tutti i giornalisti minacciati”.
Per esempio abbiamo voluto far sedere allo stesso tavolo Antonella Crippa, giornalista de La Provincia di Lecco e Paolo Borrometi, cronista che ancora recentemente era obiettivo di un attentato sventato. “Mi hanno cambiato la vita personale, ma non la mia vita professionale”, ha rivendicato Antonella Crippa, ottenendo il plauso di Paolo Borrometi che indica la solitudine anche dentro la categoria dei giornalisti come uno dei rischi peggiori che può correre un giornalista dalla schiena dritta.
Qui sotto troverete tutti gli interventi dell’incontro, realizzato con la collaborazione di Articolo21, LiberaInformazione, Ordine dei Giornalisti e Associazione dei Giornalisti lombardi e l’ospitalità della Città Metropolitana di Milano. Buon ascolto.