Il Premio Nobel per i diritti umani al «Mandela cinese»

di Simone Pieranni
da East Online

Il premio Nobel per i diritti umani, il premio Martin Ennals, è stato assegnato al professore uighuro Ilham Tohti, in carcere dal settembre 2014, condannato all’ergastolo con l’accusa di «separatismo». Tohti, in realtà, è sempre stato un docente moderato; le autorità di Pechino lo sanno bene, ma hanno voluto punire un simbolo della cultura uighura.

Le motivazioni del premio evidenziano l’aspetto moderato della sua produzione intellettuale, riscontrabile anche dalle sue lezioni all’università, prima di essere arrestato e processato in due giorni, sempre piene di alunni tanto di etnia uighura, quanto di etnia han.
Il professore di economia all’Università per le minoranze etniche di Pechino e redattore del sito «Uiguri on line» – considerato il Mandela cinese – è stato condannato all’ergastolo il 23 settembre 2014 per incitamento al separatismo. «Per due decenni ha incoraggiato il dialogo e la comprensione tra gli uiguri e cinesi Han», ha scritto in un comunicato la giuria composta da una dozzina di organizzazioni del settore, tra cui i Amnesty International, Human Rights Watch e la Federazione internazionale dei diritti umani.
«Ha rifiutato il separatismo e violenza – si legge ancora – e ha cercato una riconciliazione basata sul rispetto per la cultura uighura, che è stata oggetto di repressione religiosa, culturale e politica nella regione autonoma uighura dello Xinjiang».
Tohti è stato anche inserito nella lista dei cinque finalisti candidati al premio Sakharov 2016, che verrà annunciato il prossimo 27 ottobre. E secondo il dissidente cinese Hu Jia, vincitore del premio nel 2008, proprio lui dovrebbe essere premiato. «È una spina nel fianco del Partito comunista: è la coscienza degli uighuri e ha ricevuto per questo la pena più dura. Le persone che egli rappresenta sono perseguitate, e questo ha scatenato una ridda di ostilità e scontri. Ma la chiave per allentare questa pressione è la libertà di Ilham», ha detto a Radio Free Asia.
Al Guardian Nicholas Bequelin, direttore di Amnesty International per quanto riguarda l’Asia orientale, ha dichiarato che «Il premio è un riconoscimento del lavoro ammirevole che Ilham Tohti ha fatto, per come ha affrontato le tensioni etniche nello Xinjiang, un argomento che lui conosceva bene».
Il professor Tohti era da tempo nel mirino delle autorità di Pechino, tanto che anche prima del suo arresto non era facile contattarlo o intervistarlo. Aveva scelto un «profilo basso» proprio per non concedere «scuse» alle autorità desiderose di zittirlo.
In seguito a nuovi attentati e una nuova tensione in una zona di fatto sotto il controllo militare di Pechino, lo Xinjiang, la regione nord occidentale cinese, Tohti venne arrestato e processato.
L’obiettivo di Xi Jinping è molto chiaro: contro chi – secondo il Pcc – rischia di minare l’armonia delle «periferie», ovvero le regioni del Xinjiang e del Tibet, c’è solo, come unica soluzione, la repressione feroce (sia militare, sia giudiziaria). Si tratta infatti di zone troppo importanti, economicamente e geograficamente, perché siano permessi problemi o disordini capaci di complicare le cose anche all’interno del paese.
Come Tohti negli ultimi tempi in Cina sono stati arrestati e condannati avvocati, anche dello studio legale che aveva assistito il professore uighuro, all’interno di una durissima repressione nei confronti di chi si occupa di diritti umani.
L’accusa che Pechino rivolge a questi attivisti, oltre al «separatismo» per chi opera in regioni delicate per il potere centrale, è quello di essere sostenuti da potenze straniere che provano a minare dall’interno l’unità dello stato cinese.