Fermate il genocidio yazida. Il Senato si mobilita, dopo la toccante testimonianza di Nadia Murad.

Avete presente un bellissimo paese italiano, tipo Portovenere o Sperlonga? Chiudete gli occhi e immaginate che arrivino uomini armati e rapiscano l’intera popolazione lasciando case vuote, finestre rotte, i panni ancora stesi. E immaginate che quelle persone rapite diventino loro schiave, oggetti da usare a piacimento, violentare, vendere, uccidere. È quello che è successo ad almeno 3500 ragazze e donne yazide nell’agosto 2014, quando le milizie dell’Isis hanno conquistato i villaggi sul Monte Sinjar, al confine tra Iraq e Siria. Pensate cosa significa non sapere più nulla della sorte di così tante persone quanti sono gli abitanti di Portovenere o Sperlonga. Se siete in grado di immaginarlo capirete anche perché Nadia Murad, la giovane yazida che abbiamo invitato al Festival dei Diritti Umani, fuggita dopo aver subito quella violenza, sta girando tutto il mondo per denunciare lo sterminio del suo popolo e per chiedere di fermare il Califfato.


Un segnale importante viene dal Senato italiano: Valeria Fedeli, vicepresidente PD di Palazzo Madama, dopo aver incontrato Nadia Murad ha promesso di presentare una mozione che chiede al Governo di impegnarsi perché quello contro gli yazidi sia considerato genocidio. Impegno rispettato: quella mozione ora c’è, è stata firmata da tutti i capigruppo di maggioranza e opposizione, nonché dai presidenti delle commissioni Esteri, Difesa e Diritti Umani del Senato; e si aggiunge a tante richieste simili presentate in diverse nazioni.


Nadia Murad ha solo 22 anni ma ha già dovuto subire mesi di violenza e ha assistito all’assassinio di sua madre e di sei suoi fratelli, uccisi dai miliziani dell’Is. Fuggita dopo mesi di prigionia sta provando a trasformare il dolore lacerante che ha dovuto sopportare in una vera e propria missione perché non accada più, come ha detto ai microfoni di Radio Popolare durante il Festival dei Diritti Umani.
Nadia Murad ai microfoni di Radio Popolare

 


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Foto Leonardo Brogioni / Polifemo Fotografia

Il primo personaggio politico a definire genocidio lo sterminio della comunità yazida è stato il Segretario di Stato John Kerry. Sempre al Festival dei Diritti Umani Carla Del Ponte, della Commissione d’inchiesta dell’Onu sulla Siria, ci sono prove evidenti che quello contro gli yazidi è un genocidio, perché – come prevede la Risoluzione del 1948, ci sono le prove della volontà di “distruggere in tutto o in parte, un gruppo nazionale , etnico, razziale o religioso”.
 

Mozione Riconoscimento Genocidio Popolo -Yazida – dal sito della Vicepresidente del Senato, Valeria Fedeli