#25Aprile. Donne e Resistenza

di Chiara Lusuardi
tratto dal Dossier didattico di www.stampaclandestina.it

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La scelta femminile di partecipare in modo attivo alla lotta resistenziale si genera soprattutto dal contesto di appartenenza delle sue protagoniste: gli insegnamenti familiari, l’inserimento in un qualche tipo di socialità allargata, le precedenti conoscenze ed esperienze politiche. Motivazione principale è comunque una netta opposizione all’ideologia fascista che aveva imperato negli anni di regime e che aveva sempre relegato la figura femminile in posizione subalterna a quella maschile: ad essa era richiesto di sacrificarsi per l’affermazione dell’uomo, a livello scolastico, politico e sociale. La donna fascista doveva essere un’ottima madre e sposa, fedele alla casa e alla famiglia.
La lotta armata è quindi anche e soprattutto una guerra intima e un dramma personale che, al di là degli ideali di libertà nazionale, si trasforma in una battaglia per uscire dalla situazione di inferiorità sociale e per rivalersi contro un regime che  aveva imposto condizioni di miseria e di dolore.

“Ciò è stato fatto alle nostre mamme, – ricorda il
giornale femminile socialista «Compagna» – ciò
esse hanno provato, dopo che una propaganda
bugiarda e lusinghiera aveva promesso lavoro e
pace a tutti i figli. Anche e soprattutto sul sacro
frutto della maternità il fascismo ha voluto
speculare; chi non ricorda la politica incoraggiante
al matrimonio, all’incremento delle nascite, la
famosa campagna demografica? Tutti quei teneri
virgulti dovevano formare le schiere armate che
il fascismo ha gettato in guerra di prepotenza e di
usurpazione a fianco del teutone invasore […].”1

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