La suoneria del cellulare avverte che sono arrivati due messaggi. “Vedi che protestare serve?”. È Nicoletta Dentico, responsabile del programma di salute globale di Society for International Development, punto di riferimento del Festival dei Diritti Umani sulla salute, che mi avvisa che gli Stati Uniti hanno cambiato posizione e ora appoggiano la liberalizzazione temporanea dei brevetti sui vaccini anti-covid. Un segnale positivo, effettivamente inaspettato se pensiamo al “Washington consensus”, la legge non scritta che per oltre mezzo secolo ha imposto negli organismi internazionali la linea che garantiva gli interessi statunitensi. Ma adesso alla Casa Bianca c’è Biden, un presidente che tra accelerazioni e frenate sta innovando la politica degli Stati Uniti su temi cruciali. L’effetto disastroso della pandemia poteva spingere le nazioni più sviluppate in una chiusura a riccio, ad alzare le barricate per garantire i vaccini solo ai propri cittadini. E in parte è accaduto. Ma l’evoluzione della malattia, per esempio in India, ha chiarito che non basta. La risposta di Biden sembra andare in questa direzione. La direzione giusta: dalla pandemia si esce se tutto il mondo guarisce. In realtà quell’obiettivo è lontanissimo: è stato vaccinato con due dosi il 4% della popolazione mondiale. Ovviamente con numeri alti nelle nazioni più sviluppate (o con più disponibilità economiche come gli Emirati Arabi Uniti) mentre sono cifre insignificanti nei Paesi impoveriti. Spicca con un terribile 0% la percentuale dei vaccinati in Sud Sudan ma anche in Bosnia-Erzegovina. In queste condizioni la possibilità di “rimbalzo” della pandemia è evidente, non occorre un Nobel per la medicina per capirlo. Ma l’imperativo dei profitti finora ha impedito al WTO di accettare la richiesta che da mesi è stata presentata da un centinaio di nazioni: sospendere temporaneamente l’esclusiva dei brevetti per i vaccini per produrne di più. A questa richiesta si sono unite altre centinaia di organizzazioni non governative. Una richiesta di assoluto buon senso, finora bloccato dai più ricchi ed egoisti: Big Pharma e i suoi alleati nei governi di mezzo mondo. Ora Biden ha sparigliato i giochi, con l’effetto di lasciare l’Unione Europea quasi sola a difendere il business privato delle aziende farmaceutiche. Mentre scrivo queste righe leggo che la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen si è detta “pronta a discuterne”. Reazione parecchio tardiva ma incoraggiante. Ingiustificabile invece il silenzio del Governo italiano: deve dire se vuole appoggiare la proposta di sospendere l’esclusiva della proprietà e della produzione di farmaci utili per tutto il mondo o vuole continuare a garantire gli interessi di pochi.
Danilo De Biasio