di Angelo Miotto
È la prima volta in Italia: contro Eni, gigante con le sue attività in Niger, è la comunità rurale degli Ikebiri a cercare giustizia in tribunale. I fatti risalgono al 2010, un’esplosione di un oleodotto di una controllata Eni, la Naoc Nigerian Agip Oil Company, produce un disastro ambientale nelle terre della popolazione degli Ikebiri, nel Delta del Niger. I primi risarcimenti proposti sono insufficienti e si arriva alla richiesta del legale Luca Saltalamacchia e del gruppo ambientalista Friends of the Earth di un risarcimento di 2 milioni di euro per i danni causati e un intervento di bonifica integrale dell’area. L’udienza milanese di martedì 9 gennaio ha prodotto un rinvio al 18 aprile; in questo tempo i magistrati dovranno dire se c’è possibilità di proseguire, mentre non c’è stato nessun pronunciamento sulla richiesta di Eni di chiudere il tutto per mancanza di giurisdizione.
Secondo l’avvocato Luca Saltalamacchia, dagli atti processuali la Naoc ammette di essere colpevole, ma anche di aver realizzato la bonifica cosa che, sostiene il legale, le analisi hanno dimostrato non essere vero. “L’Eni, da parte sua, si dichiara estranea ad ogni responsabilità- ha detto l’avvocato -, ma noi crediamo che il comportamento della sua sussidiaria vada contro le regole di Due Diligence che la stessa Eni si è data e per questo debba pagare”.
Si tratta della prima battaglia giudiziaria di questo tipo in Italia.
Godwin Uyi Ojo è Executive Director di Friends of the Hearth Nigeria.
Luca Saltalamacchia, avvocato.
Le interviste sono state realizzate alla Casa dei Diritti di Milano, dove il 9 gennaio si è svolto un incontro pubblico sul caso giudiziario degli Ikebiri, promosso da Mani Tese, Amnesty, Friend of The Earth e Africa rivista.