Oggi l’America Latina è fortemente minacciata dal cambiamento climatico. Le condizioni geografiche e climatiche estreme, unite ai fattori economici, sociali e perfino istituzionali, stanno aumentando l’impatto dei cambiamenti climatici nell’area. In generale l’innalzamento della temperatura in questo continente sta causando un notevole stress idrico che porta alla riduzione dell’energia idroelettrica utilizzabile. A questi fenomeni si collegano altri problemi come la riduzione della produttività agricola ed alimentare, che costringe gli agricoltori a lasciare i loro terreni di coltivazione e a spostarsi in aree più fresche. Spesso le temperature elevate aumentano i numeri degli incendi nelle foreste sudamericane. A causa della modifica dei modelli di precipitazione, della disponibilità di risorse idriche e delle ondate di calore, la salute degli esseri umani inizia ad essere a rischio; a causa dell’aumento dell’effetto serra, che ingrandisce il buco dell’ozono e aumenta i raggi ultravioletti, iniziano a diffondersi delle malattie contagiose e altre patologie come il cancro alla pelle. L’innalzamento del livello dell’acqua, invece, ha aumentato le inondazioni costiere, l’erosione del terreno e i danni alle popolazioni che abitano vicino alla costa.
Secondo la FAO, la temperatura e la siccità in aumento in Sud America avranno un grande impatto sulla sicurezza alimentare mondiale, molto più profondo e pericoloso di quello che sembra. L’America Latina detiene la maggior parte dei terreni coltivabili in tutto il mondo: da un punto di vista economico, infatti, vista la grande estensione dei suoi terreni e le sue enormi risorse idriche (un terzo dell’acqua dolce di tutto il pianeta), il continente viene considerato la prima fonte di materie prime per altre aree del mondo, in particolare per Stati Uniti e Cina.
Brasile, Perù, Colombia, Venezuela, Messico ed Ecuador ospitano tra il 60 al 70% dei di tutto il pianeta. Fino a qualche anno fa il territorio dell’America Latina veniva fortemente sfruttato da parte degli Stati Uniti senza tener conto degli altissimi impatti ambientali che ne sarebbero conseguiti, basti pensare ai danni provocati da alcune multinazionali come la Texaco. Oggi agli Stati Uniti è subentrata la Cina. Le multinazionali pechinesi si estendono in diverse parti del territorio sudamericano, e in America centrale dal Nicaragua fino alla Patagonia. Le prime a subire delle conseguenze dirette sono le popolazioni indigene.
In Ecuador ad esempio, la società edile cinese CRCC-Tongguan Investments ha costruito, in un territorio pari a 1822 chilometri quadrati, una serie di miniere a cielo aperto. Quest’area coincide con la Cordigliera del Condor, territorio su cui vivono da millenni gli Shuar, seconda etnia indigena dell’Ecuador. La State Grid invece costruì in Brasile, sul Rio delle Amazzoni, una centrale idroelettrica che causò profondi danni alla popolazione indigena così come ai pescatori che dipendono totalmente dal fiume per la loro sopravvivenza. La stessa società, che da tempo non rispetta i diritti umani della popolazione sudamericana, sta pensando a costruire una seconda mega-centrale amazzonica a São Luiz do Tapajós, progetto destinato a creare ulteriori danni alla situazione ambientale. Lo sfruttamento intensivo delle risorse naturali in quest’area ha portato negli anche una profonda divisione sociale. Purtroppo, finora, nel continente sudamericano non esistono politiche efficaci di salvaguardia ambientale e nemmeno misure di sicurezza vicino a zone estrattive, impianti industriali e terreni di colture Ogm.
Ecco alcune campagne attive in America Latina che cercano di sensibilizzare la popolazione e i decisori politici al cambiamento climatico:
No más minería en la Cordillera del Cóndor
Questa è una campagna della ONG ecuadoregna SOSAccionEcologica volta a sensibilizzare il governo dell’Ecuador ad annullare dei permessi e delle autorizzazioni dati ad alcuni progetti di estrazione miniera nell’area della Cordillera del Cóndor che non rispettano i diritti umani collegati all’ambiente; la popolazione indigena, il loro territorio e la natura. La campagna inoltre chiede al governo ecuadoregno di mettere in atto delle misure che mirino alla salvaguardia dell’ecosistema, e a riparare integralmente i territori che hanno subito dei danni durante gli ultimi vent’anni in particolar modo nella area della riserva naturale Cordillera del Cóndor che si trova nel confine tra Ecuador e Perù.
Protegemos Nuestros Páramos
Questa è una campagna portata avanti da Greenpeace Colombia che ha lo scopo di salvare i terreni verdi della Colombia e in particolare le brughiere del paese. La metà della popolazione indigena della Colombia ha subito conseguenze negative a causa dell’alterazione dei modelli di precipitazione e all’aumento della temperatura. Le brughiere colombiane (Páramos) che compiono una funzione essenziale nella regolazione del ciclo idrologico del Paese e contengono una vasta diversità biologica (4700 piante di specie diverse) sono soggette alla sparizione così come la maggior parte dei ghiacciai del paese.
Las señales del Planeta
Questa campagna della fondazione argentina Vita Silvestre ha lo scopo di creare dei segnali da mettere nelle diverse strade in Argentina che sensibilizzano la popolazione su alcune problematiche. I segnali della raccolta differenziata saranno messi nei luoghi di smaltimento dei rifiuti mentre nelle zone di biodiversità saranno messi dei cartelli che indicano alle persone dove sono presenti degli animali in modo che possano fare attenzione a non arrecargli dei danni. Altri segnali invece avranno lo scopo di mostrare alle persone i benefici dello sviluppo dell’energia rinnovabile pulita e i danni causati agli animali nell’Antartide argentino a causa del surriscaldamento climatico.
Dìa Internacional Libre de las bolsas de plastico
L’organizzazione Venezuela Verde promuove una campagna che ha lo scopo di spingere il governo alla messa in atto della legge venezuelana che regola l’uso delle borse di plastica. La Campagna sensibilizza la popolazione sui benefici della riduzione dell’utilizzo dei sacchetti tradizionali e incoraggia i supermercati a utilizzare le e-bag (borse ecologiche) invece di quelle in plastica, che costituiscono l’11% dei rifiuti sulle coste marine.
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