Di Danilo De Biasio
Seduti davanti ad un computer, rinfrescati dall’aria condizionata, è facile parlare di migranti e carrette del mare, schierarsi sui social a suon di battute, inventarsi fake-news o dimostrarsi solidali a parole. Fuori da tutto questo c’è la realtà, che è fatta di persone che rischiano la vita per cercare un’esistenza migliore, di corpi piagati dalla sofferenza, di onde che provocano il mal di mare e di esponenti politici che giocano la partita della loro vita sulla pelle di esseri umani.
Il Ministro dell’Interno Salvini ha stravolto il vecchio von Clausewitz che parlava della guerra come prosecuzione della politica con altri mezzi, in un più strumentale “la politica è la prosecuzione della campagna elettorale con altri mezzi”. Questa non è più campagna elettorale così come i 600 esseri umani stipati sull’Aquarius non sono pedine da buttare sul tavolo da gioco degli equilibri internazionali. E se il governo italiano ha deciso di sottostare alla linea di Salvini, l’opposizione – che ha implicitamente riconosciuto la narrazione dell’immigrazione come “questione di democrazia” – dovrebbe abbandonare la polemica e impegnarsi in concreto. A Milano, Roma, Bologna e Genova sono previste manifestazioni contro la scelta del Governo Lega/5Stelle di bloccare i porti italiani: sono le stesse istituzioni e sigle che in questi anni hanno concretamente affrontato la questione migrazione e non si sono limitate a raccoglierne i frutti economici e politici come stanno facendo i partiti al governo, la criminalità organizzata e i soliti furbi.
Ognuno ha i propri riferimenti culturali. Ricordate Exodus, il film con un giovane Paul Newmann, che racconta – romanzandola un po’ – la storia della nave con 611 ebrei, molti sopravvissuti ai campi di sterminio, che l’Haganah voleva far arrivare in Palestina nel 1947? Nella realtà l’operazione non riuscì perché la Marina britannica abbordò l’Exodus con la forza e rispedì tutti i suoi passeggeri in Germania. Nel film – scritto nientemeno che da Dalton Trumbo – si vede un’umanità sofferente che vuole avere un’altra chance, persone che non si capacitano di essere finite nel tritacarne dei litigi internazionali, individui che fanno i conti con la propria coscienza e non solo con gli ordini dall’alto.
Quello che è successo 70 anni fa alla nave Exodus si sta riproducendo oggi con la nave Aquarius e domani, forse, anche con altre. Se il finale sarà diverso dipende dalle istituzioni – come il governo spagnolo che ha permesso l’attracco dell’imbarcazione a Valencia – ma anche dall’impegno concreto di ciascuno di noi.
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