I maghi dei numeri pronosticano che l’indagine della Procura di Agrigento sulla nave Diciotti porterà altri consensi al Ministro Salvini. Probabilmente non sbagliano. Ma non per questo la magistratura poteva rimanere inerte e lasciare che si consumassero reati.
di Danilo De Biasio
La differenza tra un regime ed una democrazia sta proprio in questo: non sono i sondaggi, la sollecitazione degli istinti brutali, la supremazia del consenso popolare sulla legge, in poche parole è l’uguaglianza di tutti di fronte alla legge l’architrave della democrazia. Invece con il sequestro dei migranti sulla nave Diciotti e le dichiarazioni (sempre senza contraddittorio) di Salvini e degli altri ministri si è più volte superato questo limite, si è infranta l’uguaglianza di fronte alla legge. A bordo non c’erano persone ma merce; sulla nave della Guardia Costiera c’erano cittadini di serie B che il Ministro aveva decretato (a “capocchia”) non avessero diritto alla protezione; non c’erano esseri umani vittime di delitti ma potenziali futuri rei. Per la politica di corto respiro questo atteggiamento forse è vincente, ma alla lunga? Se l’interesse dei populisti al governo è scaricare sul nemico esterno (i migranti, la burocrazia europea, e vari altri colpevoli) l’incapacità di risolvere i problemi allora il caso Diciotti e l’indagine su Salvini valgono come un poker. Ma quanto può durare questo trucco da illusionisti? Con questa opposizione e con la capacità comunicativa di Salvini probabilmente per molto ancora. Ma alla lunga la multietnicità vincerà, come quando il bosco cresce sui ruderi di una civiltà del passato.
Questi ultimi giorni ci consegnano altre lezioni. La prima è che un apparato dello stato – la Guardia Costiera – applicando semplicemente e coerentemente le leggi nazionali e internazionali è stata costretta ad un involontario braccio di ferro con il Governo, che pretendeva di mettere sullo stesso piano il proprio programma politico e la Costituzione. La Guardia Costiera, almeno apparentemente, è stata lasciata sola, Ministro della Difesa e dei Trasporti compresi, da cui – semplificando – dipende. Non sappiamo cosa è avvenuto nella riservatezza dei Palazzi, nella catena di comando, ma qualcuno deve aver pur detto “Signornò!”. C’è da sperare che siano tanti altri, anche tra i funzionari del Ministero dell’Interno (che fine ha fatto la democratizzazione della Polizia promessa da Franco Gabrielli?) a fermare la deriva pericolosa di Salvini. Proprio lui – e questo è l’ultimo appunto – ripete dai social, rivolto ai magistrati, che vengano pure ad ammanettarlo, perché è il responsabile ultimo degli ordini dati per tenere sotto sequestro qualche decina di migranti. Salvini non è stupido e dovrebbe sapere che di fronte ad un delitto (di cui è fortemente indiziato) i politici che hanno rivendicato di esserne i responsabili non ne sono usciti bene: nè a Mussolini che si assunse “la responsabilità politica, morale e storica” del delitto Matteotti; nè a Moro quando, sulle tangenti Lockeed, disse che la “Democrazia Cristiana non si farà processare”; nè a Craxi quando rivendicò il finanziamento illegale ai partiti della Prima Repubblica.
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