Sabato scorso, la polizia turca ha arrestato il giornalista turco Ahmet Altan e suo fratello, l’economista e scrittore Mehmet Altan. A far scattare la detenzione sarebbero state le dichiarazioni rese durante un talk show televisivo, a ridosso del tentativo di golpe. Allo stesso talk show aveva partecipato anche Nazli Ilcak, successivamente arrestata il 29 luglio. Ahmet Altan era già indagato per aver diffuso informazioni riservate da quando, come direttore del quotidiano Taraf, svelò i presunti piani per un colpo di stato da parte dei militari. Ad oggi sono più di 100 i giornalisti turchi incarcerati in seguito ai fatti della notte del 15 luglio.
54 accademici, autori e intellettuali – tra cui il premio Nobel per la letteratura Orhan Pamuk, Roberto Saviano, Elena Ferrante, e il famoso economista Daron Acemoglu – hanno firmato una lettera aperta in supporto dei fratelli Altan e di altri giornalisti e scrittori imprigionati dalle autorità turche. L’appello condanna con forza la “vendetta” che il governo turco sta attuando contro i maggiori intellettuali e scrittori turchi perché non condividono il loro punto di vista.
Lo rilanciamo, nella versione in italiano già apparsa su Repubblica.it e Reset.it.
Noi sottoscritti facciamo appello ai democratici di tutto il mondo e a tutti coloro che hanno a cuore il futuro della Turchia e della regione sulla quale esercita un ruolo di primo piano, perché protestino contro la vendetta che il governo sta portando avanti contro i suoi più brillanti pensatori e scrittori qualora non condividano il suo punto di vista.
L’antefatto di questa lettera è il tentativo di colpo di stato avvento il 15 luglio 2015, che fortunatamente non è riuscito ed è stato rapidamente represso. Se lo stesso popolo turco non avesse resistito a quest’assalto alle istituzioni, ne sarebbero seguiti anni di miseria.
In seguito a questo colpo di stato, è comprensibile che il governo abbia imposto uno stato temporaneo di emergenza. Tuttavia, il fallito colpo di stato non dovrebbe essere il pretesto per una caccia alle streghe nello stile di McCarthy, né lo stato di emergenza dovrebbe essere applicato con scarso riguardo per i diritti fondamentali, per le norme in materia di prove, o persino per il senso comune.
Noi, come scrittori, universitari e difensori della libertà di espressione siamo particolarmente turbati nel vedere colleghi che conosciamo e rispettiamo essere imprigionati in base alle misure di emergenza. Giornalisti come Sahin Alpay, Nazli Ilicak o la scrittrice Asli Erdogan sono stati aperti difensori della democrazia, oppositori del militarismo e della tirannia in qualunque sua forma.
Siamo particolarmente costernati nell’apprendere che il prominente romanziere Ahmet Altan, e suo fratello Mehmet Altan, scrittore e insigne professore di economia, sono stati arrestati in un raid avvenuto all’alba del 10 settembre 2016. Entrambi sono accusati di avere in qualche modo lanciato messaggi subliminali per chiamare a raccolta i sostenitori del colpo di stato, nel corso di uno show televisivo trasmesso il 14 luglio, la sera prima del tentato colpo stesso.
Ahmet Altan è uno degli scrittori più importanti della Turchia; i suoi romanzi sono stati pubblicati in traduzione e vendono milioni di copie. Per cinque anni è stato, inoltre, caporedattore del quotidiano liberale Taraf. Il giornale ha sempre sostenuto il diritto di sapere dei lettori. Ahmet Altan è stato più volte processato durante la sua carriera – nel 1990 per aver cercato di far sì che i lettori turchi entrassero in empatia con i curdi del paese; più recentemente, per aver tentato di spingere il primo ministro a scusarsi pubblicamente per il massacro di Roboski del 2011 in cui sono stati bombardati 34 villaggi. Il 2 settembre si è presentato in tribunale, imputato di aver rivelato segreti di stato, sulla base di un atto d’accusa che era in gran parte un copia e incolla di casi completamente diversi.
Mehmet Altan è professore presso l’Università di Istanbul, editorialista e autore di numerosi libri in cui ha sostenuto la necessità di ricostruire l’identità della Turchia non sulla razza o sulla religione, ma sul rispetto dei diritti umani. Come suo fratello e altri ora in carcere non è colpevole di aver sostenuto il colpo di stato, ma di aver portato avanti una critica molto efficace al governo attuale, i cui progressi iniziali nell’ampiamento della democrazia si sono ormai inceppati e stanno retrocedendo.
Chiediamo al governo turco di cessare la sua persecuzione di scrittori di primo piano e di accelerare il rilascio di Ahmet e Mehmet Altan, così come dei tanti loro colleghi ingiustamente accusati.
Daron Acemoglu, Massachusetts Institute of Technology.
Rosental Calmon Alves, University of Texas at Austin.
Chloe Aridjis, scrittrice.
Hans Jürgen Balmes, editore.
John Berger, scrittore.
Breyten Breytenbach, scrittore.
Daphné Breytenbach, giornalista.
Peter Carey, scrittore.
Catherine Farin, editore.
Roberto Saviano, scrittore.
Elena Ferrante, scrittrice.
Sandra Ozzola, editore.
Sandro Ferri, editore.
Maureen Freely, scrittrice.
Anthony T. Grafton, Princeton University.
Jim Hicks, University of Massachusetts, Amherst.
Adam Hochschild, giornalista.
A.L. Kennedy, scrittore.
Laurens van Krevelen, scrittore ed editore.
Wolf Lepenies, Freie Universität Berlino.
Mark Lilla, scrittore.
Clementina Liuzzi, agente letterario.
Alberto Manguel, scrittore.
Claudia Mattalucci, University Milano-Bicocca.
Hisham Matar, scrittore.
Allan Megill, University of Virginia.
Laurent Mignon, University of Oxford.
Rick Moody, scrittore.
Dirk Moses, University of Sydney.
Glenn W. Most, Scuola Normale Superiore, Pisa.
Orhan Pamuk, premio Nobel.
Tim Parks, scrittore.
Daniel Rondeau, scrittore.
Philippe Sands, University College London.
Anya Schiffrin, Columbia University.
Eugene Schoulgin, vicepresidente Pen International.
Salvatore Settis, storico dell’arte.
Adam Thirlwell, scrittore.
Regula Venske, segretario generale Pen Germania.
Elif Shafak, scrittrice.