I repubblicani non sono sinonimo di progresso negli Stati Uniti ma non tutti sono petrolieri suprematisti bianchi che vogliono distruggere l’ambiente. Kristen Soltis Anderson, sondaggista e scrittrice repubblicana, ha capito che il GOP rischia di finire in un angolo in seguito all’espansione del movimento #BlackLivesMatter e le incertezze dell’epidemia di coronavirus. I suoi lavori sono apparsi su Politico, The Daily Beast e l’Huffington Post e in una lezione per il Consolato Statunitense dedicata alle scuole di giornalismo italiane risponde alla domanda: cosa dovrebbe pensare un repubblicano del movimento #BlackLivesMatter? Se il Partito Democratico si è sostanzialmente schierato a favore delle proteste guidate dal movimento #BlackLivesMatter lo stesso non si può dire del Partito Repubblicano che, invece di esprimersi a sostegno delle istanze di uguaglianza e giustizia del movimento, si è frammentato in correnti contrapposte. La lezione di Kristen Soltis Anderson è partita da una semplice considerazione: Mitt Romney è stato l’unico repubblicano attualmente in carica a mostrare supporto al movimento tramite un tweet che recitava semplicemente: black lives matter. Nient’altro, solo una frase ma che nessun’altro repubblicano ha osato pronunciare. La voce di Romney è spesso in contrasto non solo con quella della Casa Bianca ma anche con quella di tutto il Grand Old Party senza dimenticare che suo è stato l’unico voto proveniente dal Partito Repubblicano per l’impeachment di Trump.
Anderson, collegata con più di 120 neo giornalisti da 7 scuole di giornalismo sparse per l’Italia, continua la sua analisi ricordando che lo straziante video dell’omicidio di George Floyd ha fatto la differenza: 9 minuti in cui l’afroamericano veniva soffocato fino a morire, mentre veniva trattenuto dalla polizia in aperta violazione della legge e in spregio ai suoi diritti. Nel 2014 Black Lives Matter è arrivato sotto i riflettori in seguito alla morte per ferite da arma da fuoco di Michael Brown, ucciso da un agente di polizia a Ferguson, Missouri. Ma di quell’episodio non c’erano prove video e questo ha polarizzato la discussione tra chi credeva alla polizia e chi credeva agli agenti (le indagini sono ancora in corso). Invece questa volta milioni di americani hanno assistito a quello che la stessa Anderson ha definito un atto di barbarica ingiustizia. «We should not move on» noi non dobbiamo passarci sopra, ha scandito Kristen Soltis Anderson, una delle personalità televisive più importanti del mondo repubblicano. «Noi non dobbiamo passarci sopra, dobbiamo restare sconvolti e irritati non solo per la morte di George Floyd ma anche per quella di Breonna Taylor e di Ahmaud Arbery. Dobbiamo avere il cuore spezzato – continua Kristen Soltis Anderson – dal fatto che i genitori dei ragazzi afroamericani devono fare la cosiddetta chiacchierata per spiegare ai loro figli come comportarsi quando verranno fermati dalla polizia. Perché non è se ma quando verranno fermati. Il principio che va condannato è quello per cui una categoria di individui viene targettizzata semplicemente per il colore della sua pelle».
Il messaggio che Kristen Soltis Anderson, sondaggista repubblicana, vuole dare a tutti i conservatori americani è: combattere l’iniquità non è anti-America ma è il cuore dello spirito di miglioramento che ha reso gli Stati Uniti quello che sono. Anderson non si ferma, «se credi che (e cita la costituzione) “la natura abbia dato genio e virtù allo stesso modo agli appartenenti a tutte le razze e i ceti sociali” allora combatti per un modo migliore di far progredire la nostra società». Chiude, poi, il suo ragionamento facendo notare quanto le ultime dichiarazioni dell’ex presidente G. W. Bush abbiano risuonato tra i repubblicani più moderati. L’ex presidente si è espresso contro l’eccessivo uso della forza e delle proposte di Trump di schierare l’esercito contro le manifestazioni #BlackLivesMatter.
Secondo Kristen Soltis Anderson le proteste di #BlackLivesMatter non avrebbero avuto questo clamore se il Covid-19 non avesse fatto aumentare la disoccupazione. La sua previsione (che un’inchiesta dell’Economist ha provato con i dati) è che gli stati governati dai repubblicani che hanno sposato le idee di Trump saranno i più colpiti dall’epidemia. Attualmente buona parte degli stati più popolosi sono orientati verso i DEM e quindi per le leggi della statistica non sorprende che alcuni dei maggiori focolai della pandemia siano quelli a guida democratica come New York o la California. Trump ha trasformato questo dato demografico in un’accusa verso il partito concorrente: «Il virus è l’ultima truffa dei democratici per avere più fondi». Ma i numeri dicono anche che gli stati a guida repubblicana (fatta eccezione per il Texas) hanno avuto effettivamente meno casi, ma adesso, a causa dei lockdown meno restrittivi e delle riaperture frettolose, i positivi stanno aumentando. La conclusione di Kristen Soltis Anderson è: la concomitanza dell’epidemia e delle manifestazioni contro l’omicidio di George Floyd potrebbero essere la fine di Trump ma il Partito Repubblicano, soprattutto a livello locale, dove ha le sue radici, può uscirne vincitore scegliendo di schierarsi con la scienza e con la giustizia. Un equilibrio difficile perché significherebbe aprirsi ai diritti e alla tutela dello stato centrale. E molti governatori, senatori e deputati repubblicani devono la loro carriera politica alla difesa dei valori tradizionali e del minimo intervento dello stato nella vita dei cittadini.
Riccardo Lichene