Diritti umani, rispetto per l’ambiente, capitalismo: è un triangolo possibile? La risposta arrivata dalla quinta ed ultima giornata del Festival dei Diritti Umani 2018 non solo è ottimistica, ma rilancia anzi una nuova possibile formula, su spunto di Nicola Saldutti: «capitale + diritti = umano».
di Nicola Chiappinelli, foto Leo Brogioni
Il giornalista del Corriere della Sera ha chiuso così il dibattito con Rossella Leidi di UBI Banca, l’ex direttore della World Green Economy Organization Paolo Lembo e Fabrizio Petri del Comitato Interministeriale per i Diritti Umani. Incontro giunto in seguito al keynote speech che ha aperto la mattinata in Salone d’Onore, con il prestigioso contributo di Khalid Malik, co-presidente del Global Sustainability Forum.
«Se vivi in una situazione di grande povertà, avere uguali diritti non basterà a migliorarti la vita perché parti comunque da uno stato di svantaggio materiale»: è questo, secondo Malik, il problema di fondo della globalizzazione. Serve rinnovare il sistema energetico e alimentare; aggiornare istituzioni ormai rimaste al ventesimo secolo; ripensare insomma l’economia, mettendo al centro le persone e l’ambiente.
Una questione politica in cui l’input deve partire però dai cittadini, e gli ha fatto eco Paolo Lembo: «Dobbiamo costringere i governanti ad avere le priorità giuste e fare dibattiti pubblici sui temi fondamentali».
Diritti, energia, sostenibilità: “Tutti hanno fuoco, sole, vento. Ma l’energia moderna è quella che ha cambiato il nostro modo di vivere. Noi senza #elettricità non facciamo più niente. Una parte importante del mondo ne è però esclusa”.Pippo Ranci a #fdu18 #occhioalpianeta
— FestivalDirittiUmani (@FDUmilano) 24 marzo 2018
Si parla si sostenibilità ambientale e #Tanzania attraverso le foto di Marco Garofalo: “Noi occidentali consideriamo l’#Africa come un’unica entità, ma non è così”#occhioalpianeta #fdu18 @saramilanese
— FestivalDirittiUmani (@FDUmilano) 24 marzo 2018
Dopo il capitolo World Access to Modern Energy (con Marco Garofalo, Matteo Leonardi e Pippo Ranci), ecco l’atteso incrocio di sguardi ed esperienza di resistenza indigena al femminile: la già nota Hindou, Nara Baré dall’Amazzonia brasiliana, Inka-Saara Arttjeff del popolo Sami e Victoria Tauli-Corpuz, relatore speciale Onu e bersaglio della repressione del presidente Duterte nelle Filippine, che l’ha inserita in una lista di presunti terroristi.
“Noi donne siamo sempre presenti perché non dobbiamo tornare indietro: non voglio un mondo per mio figlio senza diritti. #Resistenza, sempre, per non perdere le nostre terre. Per farci tacere devono fare quello che han fatto a #MarielleFranco” Nara Baré a #fdu18 pic.twitter.com/6TT7FtqmM4
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“Bisognerebbe trovare un equilibrio nelle #Filippine. Per questo stiamo protestando. Tutti i problemi portano omicidi, sfollamento, militarizzazione”@VTauliCorpuz a #fdu18 #occhioalpianeta pic.twitter.com/Stis0sYD84
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Conclusione di serata dedicata poi ai riconoscimenti della sezione DOC: a Frontera Invisible di Nicolás Richat & Nico Muzi il premio della giuria; a La Terre Abandonnée di Gilles Laurent il premio Reset-Diritti Umani, ritirato da Philippe Cotte del Centro del Video di Bruxelles, distributore del documentario: «Non lo può ritirare il regista, morto durante un attacco alla metro di Bruxelles esattamente due anni fa».
Quindi, dopo i saluti finali di tutto lo staff per voce del direttore Danilo De Biasio e del patron Paolo Bernasconi, la proiezione di Lerd (A man of integrity) di Mohammad Rasoulof, regista iraniano vittima di censura e a rischio carcere in patria, come ha ben raccontato Riccardo Noury di Amnesty.
E alla fine, sipario!