Cronache dal Festival: il giorno di chiusura

Diritti umani, rispetto per l’ambiente, capitalismo: è un triangolo possibile? La risposta arrivata dalla quinta ed ultima giornata del Festival dei Diritti Umani 2018 non solo è ottimistica, ma rilancia anzi una nuova possibile formula, su spunto di Nicola Saldutti: «capitale + diritti = umano».
di Nicola Chiappinelli, foto Leo Brogioni
Il giornalista del Corriere della Sera ha chiuso così il dibattito con Rossella Leidi di UBI Banca, l’ex direttore della World Green Economy Organization Paolo Lembo e Fabrizio Petri del Comitato Interministeriale per i Diritti Umani. Incontro giunto in seguito al keynote speech che ha aperto la mattinata in Salone d’Onore, con il prestigioso contributo di Khalid Malik, co-presidente del Global Sustainability Forum.

«Se vivi in una situazione di grande povertà, avere uguali diritti non basterà a migliorarti la vita perché parti comunque da uno stato di svantaggio materiale»: è questo, secondo Malik, il problema di fondo della globalizzazione. Serve rinnovare il sistema energetico e alimentare; aggiornare istituzioni ormai rimaste al ventesimo secolo; ripensare insomma l’economia, mettendo al centro le persone e l’ambiente.
Una questione politica in cui l’input deve partire però dai cittadini, e gli ha fatto eco Paolo Lembo: «Dobbiamo costringere i governanti ad avere le priorità giuste e fare dibattiti pubblici sui temi fondamentali».


Dopo il capitolo World Access to Modern Energy (con Marco Garofalo, Matteo Leonardi e Pippo Ranci), ecco l’atteso incrocio di sguardi ed esperienza di resistenza indigena al femminile: la già nota Hindou, Nara Baré dall’Amazzonia brasiliana, Inka-Saara Arttjeff del popolo Sami e Victoria Tauli-Corpuzrelatore speciale Onu e bersaglio della repressione del presidente Duterte nelle Filippine, che l’ha inserita in una lista di presunti terroristi.


Conclusione di serata dedicata poi ai riconoscimenti della sezione DOC: a Frontera Invisible di Nicolás Richat & Nico Muzi il premio della giuria; a La Terre Abandonnée di Gilles Laurent il premio Reset-Diritti Umani, ritirato da Philippe Cotte del Centro del Video di Bruxelles, distributore del documentario: «Non lo può ritirare il regista, morto durante un attacco alla metro di Bruxelles esattamente due anni fa».

Quindi, dopo i saluti finali di tutto lo staff per voce del direttore Danilo De Biasio e del patron Paolo Bernasconi, la proiezione di Lerd (A man of integrity) di Mohammad Rasoulof, regista iraniano vittima di censura e a rischio carcere in patria, come ha ben raccontato Riccardo Noury di Amnesty.
E alla fine, sipario!