di Danilo De Biasio,
direttore del Festival dei Diritti Umani di Milano
Dopo sei giornate di Festival dei Diritti Umani cosa rimane? Non parlo dei ricordi, tutti molto belli dei talk, dei film, delle persone incontrate: parlo di concretezza, delle conseguenze pratiche di un’iniziativa culturale come la nostra.
Ognuno deve rispondere per se stesso.
Io posso dire di avere imparato.
Ho scoperto nuove chiavi di lettura per capire questo periodo storico, ho avuto la conferma che il diritto di avere diritti è universale ma sempre più calpestato, ho imparato che è sempre più urgente capire come usare i mezzi di comunicazione invece di essere usati dai mezzi di comunicazione. Ho capito che in tutti i campi che abbiamo esplorato, dal giornalismo alle denunce di soprusi statali, dal cyberbullismo alla libertà degli artisti dai condizionamenti c’è un nuovo alfabeto da imparare. E se non lo conosci è a rischio la democrazia, sistema istituzionale scalcagnato ma pur sempre meglio degli autoritarismi.
Spero sia una constatazione diffusa, ma se anche fosse uno studente per classe che è tornato dal Festival dei Diritti Umani con questa consapevolezza…valeva la pena di farlo.
Poi ci sono le conseguenze materiali. Perché non rimanga un esercizio retorico un evento come il nostro deve seminare concretezza. L’anno scorso la denuncia straziante di Nadia Murad, simbolo di tutte le giovani yazide rapite, violentate e vendute ha per esempio convinto l’Università Bicocca a garantire a dieci yazidi di studiare in Italia. Speriamo che quest’anno l’invito dell’Alto Rappresentante delle Nazioni Unite alle città italiane per ospitare i difensori dei diritti umani in pericolo di vita diventi realtà. Nell’ultimo giorno del Festival Michel Forst l’ha potuto chiedere direttamente all’Assessore alle Politiche Sociali di Milano Pierfrancesco Majorino, il quale ha risposto di sì. Speriamo che anche questo diventi un altro lascito della seconda edizione del Festival dei Diritti Umani.
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