Il linguaggio è tecnico, il valore è universale. L’ordinanza con cui il GIP di Agrigento Alessandra Vella libera Carola Rackete può aiutare a comprendere il pericolo che il governo Salvini/Di Maio sta creando con i provvedimenti anti-immigrati. E ha una portata superiore al singolo caso perché chiarisce quanto siano fragili i contorni che separano i poteri di uno stato democratico in buona salute.
Vale la pena di leggere questa ordinanza. La scelta delle parole della dottoressa Vella sono significative: “il fatto contestato all’indagata Carola Rackete non può essere atomisticamente esaminato, ma deve essere vagliato unitamente e alla luce di ciò che lo precede, ossia il soccorso in mare e gli obblighi che ne scaturiscono”. La giudice non isola la disobbedienza della “Capitana” e l’incidente con la piccola motovedetta della Guardia di Finanza – come vorrebbero i tifosi anti-immigrati – ma la inserisce nel contesto degli “obblighi internazionali” che hanno più forza dei provvedimenti del Governo italiano. Carola Rackete non è “buonista”, alla GIP non interessa se è bianca e ricca, ma esamina il suo comportamento con le lenti delle leggi e conclude che si tratta di una persona responsabile, che ha agito con correttezza e professionalità.
La dottoressa Vella si affida alle leggi e alle convenzioni internazionali anche per spiegare cosa è giusto fare quando si incontrano naufraghi: “in base alla normativa richiamata i poteri-doveri di intervento e coordinamento da parte degli apparati di un singolo Stato nell’area di competenza non escludono (anzi, in un certo senso impongono in base all’obbligo sopra delineato) che unità navali di diversa bandiera possano iniziare il soccorso allorquando lo richieda l’imminenza del pericolo per le vite umane”.
Nell’ordinanza del GIP poi c’è la cronologia del salvataggio e del lungo braccio di ferro con le autorità italiane, come descritto nei verbali della Guardia di Finanza. Quattordici giorni al largo, diversi casi di evacuazione di persone malate, poi due giorni di attesa “in attesa di una soluzione politica – mette a verbale Carola Rackete – che mi era stata promessa dalla Guardia di Finanza. Per 14 giorni, conclude la “Capitana” abbiamo cercato di non infrangere la legge”. Poi succede qualcosa, la tenuta psicologica dei 42 naufraghi e dell’equipaggio è a rischio: “…diverse persone del mio team – si legge nell’ordinanza – hanno espresso preoccupazione, dicevano che ogni piccola cosa avrebbe fatto esplodere la situazione…” Da qui la decisione di entrare nel porto di Lampedusa. Sulla base di questo percorso, dal salvataggio di un gommone in difficoltà, alla lunga attesa con promesse non mantenute, il rischio di ulteriori tensioni la GIP arriva alla sua prima conclusione: “in forza della natura sovraordinata delle fonti convenzionali e normative sopra richiamate, nessuna idoneità a comprimere gli obblighi gravanti sul capitano della Sea Watch 3, oltre che delle autorità nazionali, potevano rivestire le direttive ministeriali in materia di “porti chiusi” o il provvedimento (del 15 giugno 2019) del Ministro dell’Interno di concerto con il Ministero della Difesa e delle Infrastrutture che faceva divieto di ingresso, transito e sosta della Sea Watch 3, nel mare territoriale nazionale”. I porti non possono essere chiusi se ci sono da salvare vite umane. Punto.
Ma c’è un ulteriore passaggio che va segnalato. La GIP smonta anche l’enormità dell’altro reato contestato, con l’urto della grossa nave con a bordo i naufraghi con la piccola motovedetta dei finanzieri. La Corte Costituzionale ha stabilito che si possono definire “navi da guerra” quelle della Guardia di Finanza quando operano fuori dalle acque territoriali. Non solo: la dottoressa Vella sottolinea come anche “da quanto emergente dalla visione del video in atti, il fatto deve essere di molto ridimensionato”. Ovvero anche la narrazione sullo “speronamento” e il pericolo che Carola Rackete avrebbe causato contro i finanzieri sbiadisce.
Queste 13 pagine scritte dal GIP di Agrigento non sono la vittoria di Carola contro Salvini: presentata così significherebbe abbassarsi al livello infimo delle polemiche a cui il Ministro dell’Interno da sempre ha interesse a portare il confronto di idee. Sono un pezzo importante di un mosaico che fatica ad essere visibile: le migrazioni sono un fenomeno che durerà a lungo perché nessuno è seriamente interessato a rimuoverne le cause; impedire alle navi delle ong di salvare naufraghi è disumano ma va anche contro le leggi, indicare i naufraghi e chi li salva come il “male” è funzionale a crescere nei consensi ma si scontra anche con gli altri poteri dello Stato che hanno funzione di contrappeso democratico. L’ordinanza su Carola Rackete ha solo rimesso le cose un po’ in ordine. Il resto spetta a ciascuno di noi.