L’odio contro la donna che non odia i suoi carnefici. I fascisti contro Liliana Segre. 

di Danilo De Biasio

“Ciao, va bene, vengo. Ma non prima delle 10 perché sono vecchia e mi sveglio un po’ tardi”. Quando butto giù il telefono la prima cosa che penso è: che bello che questa signora di 80 anni dia del “tu” a tutti, con grande naturalezza. La seconda è: che coraggio ad accettare di tornare nel posto dove è cominciato il suo viaggio verso l’inferno. Sì, perché nell’ambito delle trasmissioni di Radio Popolare sui 70 anni della Liberazione ho chiesto a Liliana Segre di tornare a San Vittore, di fatto un campo di concentramento durante l’occupazione nazi-fascista di Milano.

L’esito di quel viaggio nella memoria dell’orrore lo trovate qui, grazie alla disponibilità di Radio Popolare.

Noterete la chiarezza del linguaggio, quasi un “grado zero” della narrazione. In realtà una scelta precisa, ponderata: dietro l’apparente freddezza delle parole – e dei silenzi – Liliana Segre vuole che risaltino i fatti, perché sono di una tale gravità che non necessitano di nessuna coloritura. Colpisce poi l’assenza totale di parole d’odio: né per chi ha tradito la sua famiglia consegnandola ai nazi-fascisti, né per gli approfittatori che le hanno “ripulito” la casa dai mobili quand’era a San Vittore, né per i vicini di casa indifferenti alla sorte di quella famiglia ebraica. L’assenza di parole di vendetta è l’atteggiamento di Liliana Segre che manda in bestia i fascisti del 2019, non solo quelli con le svastiche tatuate invitati nei salotti televisivi, ma anche quelli che sostengono indegne par condicio tra repubblichini e partigiani o, peggio ancora, quelli che alimentano il linguaggio d’odio e poi ipocritamente porgono la loro solidarietà alla Senatrice.

Chi odia Liliana Segre non lo fa perché ritiene la Commissione liberticida o pericolosa: lo fa perché lei è la prova vivente di cosa può fare la banalità del male e come si può resistervi. Ecco perché le manifestazioni di solidarietà sono necessarie: non tutelano solo l’incolumità di quella donna, ci sbattono in faccia anche i pericoli che ciascuno di noi corre se continuerà ad essere indifferente.