La prima volta che Nadia Murad è venuta in Italia è stata al Festival dei Diritti Umani nel 2016. Esile, con lo sguardo quasi assente, assorta nei ricordi orribili del suo rapimento, dell’uccisione dei familiari, delle violenze sessuali ripetute. L’avevamo invitata per parlare dei diritti violati delle donne. La sua storia, la storia degli yazidi – qualche centinaio di migliaia di persone che vivono tra Iraq e Siria, credenti di un’antica religione – era simbolica della pulizia etnica che Daesh voleva realizzare per creare un nuovo Califfato. Da allora Nadia Murad ne ha fatta di strada, caricandosi “sulle sue spalle” – come titola giustamente il biopic a lei dedicato – la richiesta di giustizia del suo popolo e di tutte le persone che vengono schiavizzate, fino al Premio Nobel per la Pace ottenuto nel 2018. In questi giorni Nadia Murad è di nuovo in Italia per ricevere il Premio Bellisario. La mattina del 13 giugno ha parlato alla Commissione Esteri della Camera: è stata l’occasione per denunciare la solitudine in cui le promesse mancate dei governi stanno costringendo gli yazidi.