Paolo Manzo: M

Il racconto fotografico della quotidianità di Mario, un ragazzo napoletano che un tuffo dagli scogli ha reso tetraplegico. “M.” sta per Mario, Mare e Madre. Quest’ultima l’ha fatto rinascere, assistendolo con cura dall’incidente ad oggi. Anche nei gesti piu semplici Mario ha bisogno di un’ assistenza, che è affidata alla comunità di familiari e amici che si è stretta intorno a lui. Immagini private e intime che offrono uno sguardo sulle problematiche sociali della disabilità e sull’inclusione, in particolare al Sud Italia, per riflettere sulle barriere architettoniche culturali e personali che resistono nella nostra società.
Paolo Manzo è un fotografo documentarista napoletano. Si è diplomato in Arti Visive presso l’Istituto Europeo di Design di Roma e da allora racconta storie antropologiche analizzando i mutamenti sociali con progetti a lungo termine. Da 14 anni centra i suoi lavori su tematiche delicate, come la periferia e la criminalità.

 

 

La presentazione del progetto di Paolo Manzo al festival dei Diritti Umani 2020

 

Nel 2002, Mario ha sedici anni e dopo un tuffo dal pontile dell’Italsider di Bagnoli, subisce una lesione midollare C4/C5 che lo rende tetraplegico. Nel 2015 conosco Mario e resto colpito dalla sua persona: è vitale, coraggioso, forte. Decido di raccontare la sua storia attraverso i miei scatti. Nasce il progetto fotografico dal titolo “M.” che sta per: Mario, mare e madre. Quest’ultima l’ha fatto rinascere, assistendolo con cura dall’incidente ad oggi. Una figura d’amore senza paragoni. I miei scatti raccontano la sua quotidianità e le sue difficoltà. Anche nei gesti più semplici, come bere un bicchiere d’acqua, Mario ha bisogno di un’ assistenza, che non può più sulla famiglia. E’ necessario che in Italia si affermi il diritto alla vita indipendente. Lo scopo del progetto è offrire uno sguardo sulle problematiche sociali in cui versa la disabilità e sull’inclusione , in particolare al Sud Italia, per riflettere sulle barriere architettoniche culturali e personali che resistono nella nostra società.
Paolo Manzo