Non sono solo canzonette. Nel Vicino Oriente delle intolleranze questa volta hanno vinto gli oltranzisti cristiani libanesi. Annullato il concerto dei Mashrou Leila, un gruppo di culto per molti giovani arabi, perché alcuni loro testi sono stati definiti dai religiosi blasfemi. E’ stato un processo di piazza – hanno scritto i musicisti censurati sul loro sito – ci hanno minacciato, questo mette a rischio la nostra sicurezza e la nostra creatività. Il front man dei Mashrou Leila è dichiaratamente gay: un particolare che non ha impedito al gruppo di avere sempre il sold out nelle nazioni arabe. Anzi, in qualche modo Hamed Sinno – che ricorda fisicamente Freddie Mercury – era diventato il simbolo di un’apertura mentale molto più profonda e diffusa di quanto si vuole raccontare in Occidente. Ma al crescere della loro visibilità sono aumentate anche le censure: è successo in Giordania, in Egitto, mai finora nel loro Paese, il Libano. La campagna contro i Mashrou Leila per il concerto che si sarebbe dovuto tenere il 9 agosto a Jbeil è stata appoggiata dalle più alte gerarchie cristiano-maronite. “Abbiamo percepito la fragilità della situazione in Libano”, hanno scritto i Mashrou Leila sulla loro pagina facebook. Un brutto segnale per il Libano, vaso di coccio multiculturale, in mezzo a nazioni illiberali. Insieme a Amnesty International Italia il Festival dei Diritti Umani propone alle radio italiane di dare una mano alla libertà di espressione programmando un brano dei Mashrou Leila. Noi abbiamo scelto l’ultima loro produzione, Cavalry.
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