Troppi morti negli ospedali e nelle case di riposo. Chi ha creato questa situazione non potrà guidare la ripresa.

#ItaliaCheResiste, gli eroi in corsia, le forze di polizia che aiutano il vecchietto a indossare bene la mascherina, #AndràTuttoBene: dalla melassa della retorica comincia ad emergere che non tutto è andato bene.

di Danilo De Biasio

È vero: a una pandemia di queste dimensioni, con questa immane e misteriosa forza nessuno era preparato. Ma un conto è andare per tentativi, sbagliare per ignoranza, un conto è sbagliare per scelta. Ed è esattamente questo il punto su cui la magistratura dovrà rispondere: chi non ha chiuso gli ospedali dove era arrivato il coronavirus sapendo che non c’erano le contromisure, chi ha mandato pazienti ancora non guariti nelle case di riposo sapendo che non erano nelle condizioni di isolarli, chi ha spinto per riaprire le attività produttive senza garantire la sicurezza a che categoria appartiene? Errore o dolo? Per ora ci sono le testimonianze coraggiose, spesso anonime, di quegli “eroi” – medici e infermieri – raccolte da giornalisti altrettanto coraggiosi che inchiodano le autorità politiche, in primis quelli della Lombardia, il focolaio dei focolai, alle loro responsabilità. Gente che solo pochi giorni fa diceva “la Lombardia non ne ha sbagliata una”.

La magistratura farà il suo corso, senza ovviamente poter restituire la vita o la salute a chi è rimasto stritolato dal micidiale mix della violenza del coronavirus e del cinismo dell’apparato politico-industriale.

In attesa delle indagini però ciascuno di noi dovrebbe tenere a mente quanto è successo e rispolverarlo quando sarà il momento di votare. Perché è evidente che non ci sono amministratori cattivi, ma cattivi amministratori. Ci sono politiche di sviluppo solidali e lungimiranti e altre egoiste e miopi: queste ultime hanno creato così tanti danni che ora spaventano perfino alcuni loro alfieri. Leggere sul Financial Times che i “servizi pubblici sottofinanziati scricchiolano sotto il peso dell’applicazione di politiche di crisi” o che “politiche fino a poco tempo fa considerate eccentriche, come le imposte sul patrimonio, dovranno essere in gioco” fa pensare che il coronavirus sta facendo franare il pensiero unico produttivista. Ma rimane il sospetto che anche questi ripensamenti siano una cortina fumogena: la sanità e il welfare sono così spolpati che necessitano di un po’ di ricostituente. Un cambiamento vero non può essere affidato a chi ha creato questo stato di cose.