Oltre all’album della Glitterbeat con protagonisti cantanti e musicisti sopravvissuti ai massacri dei Khmer Rossi, il produttore americano Ian Brennan ha firmato un altro album che per la sua particolarità e il suo impegno spicca fra le uscite di world music del 2016.
Il Malawi è uno stato africano che secondo diversi indicatori è ai vertici della classifica dei paesi più poveri al mondo: negli ultimi anni la speranza di vita dei suo abitanti è arrivata ad essere la più bassa del pianeta, 47 anni.
Nel 2013 Brennan ha ottenuto dalla direzione del carcere di massima sicurezza di Zomba d poter accedere alla prigione. Lavorando con carcerati e personale, buona parte dei quali senza precedenti esperienze musicali, Brennan ha realizzato un primo album, I Have No Everything Here, uscito nel 2015.
I Have No Everything Here è valso al Malawi la prima nomination per un Grammy: un evento che ci ricorda il tema di un libro pubblicato quest’anno da Brennan, How Music Dies, Field Recording and the Battle for Democracy in the Arts, un atto d’accusa verso le diseguaglianze nel mercato e nella distribuzione della musica a livello globale, e verso la enormemente sproporzionata prevalenza al suo interno di artisti di lingua inglese.
Assieme con la moglie, la fotografa e filmmaker italiana Marilena Delli, Brennan nel 2016 è tornato due volte a Zomba, e ne è nato un secondo album, I Will Not Stop Singing, recentemente pubblicato dall’etichetta Six Degrees. Con detenuti e personale Brennan ha condotto un workshop di creazione di canzoni, e ha registrato i risultati, fra l’altro con una partecipazione femminile molto rilevante.
Le canzoni, i cori, l’accompagnamento strumentale hanno tratti tipici dell’Africa Australe e sono molto commoventi, nella musica e nei contenuti: dai brani emergono tanti drammi individuali e il dramma generale della detenzione, in condizioni per di più durissime.
La maggior parte dei detenuti scontano condanne all’ergastolo; in particolare diverse delle detenute sono state condannate sulla base di accuse molto dubbie. Costruito nell’Ottocento e progettato per contenere 340 persone, il carcere ne ospita più di 2.000. Qualche tempo fa, prima dell’uscita del disco, i prigionieri sono rimasti fino a tre giorni senza cibo, per il ritardato arrivo di fondi da parte del governo. Molti detenuti sono malati di Aids. E se diversi dei prigionieri conosciuti da Brennan sono stati rilasciati – qualcuno anche grazie alla revisione del loro caso resa possibile da fondi derivanti dal primo album – due detenute rimangono in carcere a causa del fatto che gli incartamenti che le riguardano si sono persi, e quindi, in una situazione kafkiana, non risulta una scadenza della pena. Brennan e la moglie, che cercano di sostenere materialmente i detenuti della prigione, si sono interessati del loro caso rivolgendosi alle autorità del Malawi, ma al momento della pubblicazione del disco le due detenute erano ancora dietro le sbarre.
Il Malawi è uno stato africano che secondo diversi indicatori è ai vertici della classifica dei paesi più poveri al mondo: negli ultimi anni la speranza di vita dei suo abitanti è arrivata ad essere la più bassa del pianeta, 47 anni.
Nel 2013 Brennan ha ottenuto dalla direzione del carcere di massima sicurezza di Zomba d poter accedere alla prigione. Lavorando con carcerati e personale, buona parte dei quali senza precedenti esperienze musicali, Brennan ha realizzato un primo album, I Have No Everything Here, uscito nel 2015.
I Have No Everything Here è valso al Malawi la prima nomination per un Grammy: un evento che ci ricorda il tema di un libro pubblicato quest’anno da Brennan, How Music Dies, Field Recording and the Battle for Democracy in the Arts, un atto d’accusa verso le diseguaglianze nel mercato e nella distribuzione della musica a livello globale, e verso la enormemente sproporzionata prevalenza al suo interno di artisti di lingua inglese.
Assieme con la moglie, la fotografa e filmmaker italiana Marilena Delli, Brennan nel 2016 è tornato due volte a Zomba, e ne è nato un secondo album, I Will Not Stop Singing, recentemente pubblicato dall’etichetta Six Degrees. Con detenuti e personale Brennan ha condotto un workshop di creazione di canzoni, e ha registrato i risultati, fra l’altro con una partecipazione femminile molto rilevante.
Le canzoni, i cori, l’accompagnamento strumentale hanno tratti tipici dell’Africa Australe e sono molto commoventi, nella musica e nei contenuti: dai brani emergono tanti drammi individuali e il dramma generale della detenzione, in condizioni per di più durissime.
La maggior parte dei detenuti scontano condanne all’ergastolo; in particolare diverse delle detenute sono state condannate sulla base di accuse molto dubbie. Costruito nell’Ottocento e progettato per contenere 340 persone, il carcere ne ospita più di 2.000. Qualche tempo fa, prima dell’uscita del disco, i prigionieri sono rimasti fino a tre giorni senza cibo, per il ritardato arrivo di fondi da parte del governo. Molti detenuti sono malati di Aids. E se diversi dei prigionieri conosciuti da Brennan sono stati rilasciati – qualcuno anche grazie alla revisione del loro caso resa possibile da fondi derivanti dal primo album – due detenute rimangono in carcere a causa del fatto che gli incartamenti che le riguardano si sono persi, e quindi, in una situazione kafkiana, non risulta una scadenza della pena. Brennan e la moglie, che cercano di sostenere materialmente i detenuti della prigione, si sono interessati del loro caso rivolgendosi alle autorità del Malawi, ma al momento della pubblicazione del disco le due detenute erano ancora dietro le sbarre.