di Chiara Lusuardi
tratto dal Dossier didattico di www.stampaclandestina.it
In Italia, lo scoppio della Seconda guerra mondiale costringe la già esile voce del dissenso quasi al silenzio assoluto.
Gran parte degli antifascisti rimasti a operare nella clandestinità sul suolo nazionale viene rinchiusa in carcere o mandata al confino, soprattutto in corrispondenza delle massicce operazioni di polizia a ridosso dell’entrata in guerra e nei primi anni del conflitto. L’invasione tedesca della Francia e il governo collaborazionista di Vichy rendono ancora più difficile e pericoloso riannodare le fila dell’emigrazione politica, così strette negli anni precedenti. Dal marzo 1943, però, cominciano a costituirsi gruppi clandestini portatori di istanze alternative alla dittatura fascista e di programmi politici democratici. Da questa attività nascono giornali, opuscoli, manifestini dei grandi partiti e di organizzazioni politiche minori, che spesso hanno vita breve o intermittente, mezzi e materiale di fortuna e una limitatissima tiratura.La stampa clandestina si moltiplica anche all’estero, soprattutto nei Paesi occupati, ed è destinata essenzialmente ai soldati e agli emigrati. Dopo il 25 luglio, l’attività di stampa si fa frenetica, per concretizzarsi pienamente dopo la firma dell’armistizio: così, mentre si rinnovano le direzioni dei giornali nazionali, i giornali di partito escono senza l’autorizzazione ministeriale in regime di semilegalità, ricorrendo a tipografie clandestine. L’esperienza italiana rientra in quella della stampa della Resistenza europea in territori occupati o posti sotto l’autorità di regimi collaborazionisti e si connota per una produzione e una diffusione senza autorizzazione ad opera di organizzazioni illegali e per contenuti che mirano a ostacolare la realizzazione dei piani dell’occupante.
Gran parte degli antifascisti rimasti a operare nella clandestinità sul suolo nazionale viene rinchiusa in carcere o mandata al confino, soprattutto in corrispondenza delle massicce operazioni di polizia a ridosso dell’entrata in guerra e nei primi anni del conflitto. L’invasione tedesca della Francia e il governo collaborazionista di Vichy rendono ancora più difficile e pericoloso riannodare le fila dell’emigrazione politica, così strette negli anni precedenti. Dal marzo 1943, però, cominciano a costituirsi gruppi clandestini portatori di istanze alternative alla dittatura fascista e di programmi politici democratici. Da questa attività nascono giornali, opuscoli, manifestini dei grandi partiti e di organizzazioni politiche minori, che spesso hanno vita breve o intermittente, mezzi e materiale di fortuna e una limitatissima tiratura.La stampa clandestina si moltiplica anche all’estero, soprattutto nei Paesi occupati, ed è destinata essenzialmente ai soldati e agli emigrati. Dopo il 25 luglio, l’attività di stampa si fa frenetica, per concretizzarsi pienamente dopo la firma dell’armistizio: così, mentre si rinnovano le direzioni dei giornali nazionali, i giornali di partito escono senza l’autorizzazione ministeriale in regime di semilegalità, ricorrendo a tipografie clandestine. L’esperienza italiana rientra in quella della stampa della Resistenza europea in territori occupati o posti sotto l’autorità di regimi collaborazionisti e si connota per una produzione e una diffusione senza autorizzazione ad opera di organizzazioni illegali e per contenuti che mirano a ostacolare la realizzazione dei piani dell’occupante.