Io sto con tutti i Gabriele del mondo.

Gabriele Del Grande dev’essere liberato. Punto. Ma una volta chiesta questa elementare forma di giustizia come facciamo a renderla possibile?
di Danilo De Biasio, Direttore del Festival dei Diritti Umani di Milano
Nell’era dei “like” la forma più semplice sarebbe quella di un corteo virtuale, fatto dalle nostre scrivanie a colpi di mouse. Serve, ma non basta. Anche per rispetto a Gabriele, un documentarista, uno scrittore, un giornalista che non si è mai limitato a fare il suo lavoro seduto davanti al computer. Lo prova il suo arresto, in una zona di guerra (anche se non dichiarata) dov’era andato a raccogliere materiale per il suo nuovo progetto “Un partigiano mi disse”, un racconto dal basso sulle moderne guerre mediorientali. Quindi, se serve, usciamo di casa, mettiamo i nostri corpi a disposizione per sit in o quant’altro ci chiederanno i familiari e gli amici di Gabriele. Noi del Festival dei Diritti Umani ci saremo.
A costo di sembrare blasfemo penso che quello che sta succedendo a Gabriele Del Grande sia un drammatico, vero, reality show. Mi spiego. A Gabriele sta succedendo davvero quello che ha raccontato nei suoi libri, nei suoi articoli, nei suoi documentari. Solo che il protagonista adesso è lui, non un ragazzo del Gambia o una giovane afgana. Adesso, forse, anche per voi che state leggendo sarà più facile immedesimarsi in un giovane bianco, dalla faccia simpatica e dall’accento toscano alle prese con centri di detenzione, alla mercè di guardie armate, lontano da tutto ciò che è familiare e amico, incapace di accettare di rimanere segregato senza spiegazione, senza sapere come sarà il suo domani. Gabriele adesso è Abdul, Gabriele adesso è Aisha.
Anche per questo dobbiamo ringraziare Gabriele e tutti i Gabriele che lavorano come lui, che marciscono in qualche prigione: lo faremo al prossimo Festival (2/7 maggio, alla Triennale di Milano) dedicato alla libertà d’espressione. I motivi per essere suoi debitori sono tanti: anni fa, un alto dirigente delle Capitanerie di Porto mi disse che a tutti i convegni internazionali dove lo mandavano a parlare degli sbarchi usava, senza poterlo citare, i dati di Fortress Europe – il primo progetto di conta certificata delle vittime dei naufragi messo in piedi da Gabriele Del Grande – perché erano di gran lunga i più aggiornati e verificati. Una lezione: il giornalismo non è solo quello delle grandi testate, della “colonna destra” dei gossip, delle statistiche usate per costruire nemici.
Quindi Gabriele, quando ti liberano, vieni a raccontarlo al nostro Festival. Ti aspettiamo.