Come si calcola la riuscita di un festival? Vi dico i miei criteri, anche se, ovviamente sono “partigiano”.
di Danilo De Biasio,
direttore del Festival dei Diritti Umani di Milano
Il primo criterio è l’intensità. Ho avuto il privilegio di vedere da vicino centinaia di studenti delle scuole superiori di Milano e hinterland partecipare a dibattiti tosti, guardare film d’impatto, commuoversi davanti a documentari emozionanti.
Ho visto don Ciotti abbracciare una giovane donna piangente che aveva preso un permesso dal lavoro per raccontargli che anche lei rischiava di fare la stessa fine di Lea Garofalo. Tutti noi siamo rimasti inchiodati davanti a Nadia Murad, uno scricciolo di ragazza che ha elencato le torture sessuali a cui è stata sottoposta dai miliziani del Califfo. E che dire dei quattordicenni che hanno voluto incontrare le giovani deputate Imen Ben Mohammed (tunisina) e Nagua Alba (spagnola) per parlare di partecipazione politica? A tarda sera, a film finito, capitava di incontrare persone che ti davano una pacca sulla spalla, commentando “ci siamo proprio divertiti!”.
C’è stata, mi sento di dire, una partecipazione attiva perché i temi e le testimonianze erano forti ma anche vicine, non cercavano lo choc ma sollecitavano l’empatia tra esseri umani.
Il secondo criterio per stabilire il successo di un festival è la risposta alla domanda: mi sono arricchito di conoscenze? E in questo caso la risposta non può che essere soggettiva. Ma a giudicare dalle penne che volavano sui bloc notes direi che molti hanno imparato cose nuove.
Il terzo criterio è politico: siamo riusciti a ottenere dei risultati concreti? In questo caso la risposta non è per nulla facile: vorremmo, come ci ha detto Carla Del Ponte, che ogni vittima ottenesse giustizia, ma purtroppo non è alla nostra portata, come dimostrano le violazioni dei diritti umani che registriamo quotidianamente. Il Festival dei Diritti Umani ha portato a Milano molte storie di riscatto, soprattutto di donne che hanno combattuto per la loro emancipazione. Averlo rivendicato, aver diffuso la consapevolezza è di per sé un risultato positivo.
Ci sono infine due abbracci che sono simbolo di questa prima edizione del Festival dei Diritti Umani: il primo, ancora una volta riguarda Nadia Murad e quella ragazza piangente che ha voluto dimostrarle così la sua vicinanza. Il secondo è avvenuto sul palco del Teatro dell’Arte fra i concorrenti dello show cooking con cui è finito il festival, quando Anma e Susanna, si sono abbracciate stabilendo che almeno in cucina non c’è scontro, solo dialogo.
Grazie a tutte e tutti, ma soprattutto arrivederci alla seconda edizione del Festival dei Diritti Umani.