Accendiamo i riflettori sul processo a Mimmo Lucano

Il processo contro Mimmo Lucano e il suo esperimento di città aperta è in pieno svolgimento ma non è più di moda. Le mobilitazioni in suo favore  tengono viva l’attenzione sul caso, ma Riace, malgrado le disavventure giudiziarie del nuovo sindaco, non è più quel luogo della solidarietà che aveva costruito Mimmo Lucano. Da salutare con favore lo sforzo che un gruppo di associazioni sta riservando per seguire le tappe del processo. Perché inevitabilmente diventa un processo contro un sistema: un sistema che aveva provato, anche con forzature, a trasformare l’emergenza in una risorsa. Portavoce in qualche modo di questo cartello di associazioni la rivista online Pressenza  che segue ogni udienza del “processo Lucano”, grazie alla penna di Giovanna Procacci. Da quello che si è capito finora la tesi dell’accusa resta quella di fondi pubblici destinati all’accoglienza che sono stati utilizzati per “soggetti diversi”: o nuovi migranti o persone che sono arrivate da tempo e hanno trovato nelle attività organizzate a Riace una ragione per rimanervi. E a sua volta la difesa sembra giocare la stessa carta: non si è chiusa la porta a nessuno e si sono usati i soldi non solo per accogliere (emergenza) ma anche per integrare, con operazioni a beneficio dell’intera comunità riacese, italiana e non. Attenzione: non c’è stato dolo, il sindaco non si è intascato quattrini, ma resta il fatto che finiscono sotto esame le irregolarità amministrative commesse dalla precedente giunta.

«Improvvisamente, con questo processo, la diversità di Riace e dell’integrazione che vi si persegue viene presentata come un reato» – si legge negli articoli di Pressenza – «Prendiamo l’esempio del frantoio sociale, che era stato messo sotto sequestro; proprio in questi giorni, grazie alla Fondazione “È stato il vento” che ne ha assunto i costi di attivazione, è entrato in funzione e sta producendo l’olio extravergine biologico. Una ventina di persone lavorano alla raccolta delle olive, con contratti regolari come ormai non succede più neanche in Toscana. E l’olio che vi si produce produrrà reddito e quindi altre opportunità. Il frantoio sociale finalmente all’opera è la dimostrazione concreta dell’integrazione secondo il modello Riace. Ci aiuta a vedere meglio che, se un interesse politico ha animato l’esperienza Riace, è stato l’idea di costruire un mondo, una comunità solidale dove i rifugiati non sono ospiti, ma lavorano insieme ai riacesi per costruire un futuro migliore per tutti».

Le cronache del processo a Mimmo Lucano si possono continuare a seguire qui.