I media di tutto il mondo stanno seguendo una vertenza sindacale in Alabama. Strano, vero? Se però questa notizia riguarda Amazon, di proprietà dell’uomo più ricco del mondo, e se anche il Presidente degli Stati Uniti ha preso posizione … allora tutto torna.
di Danilo De Biasio
I seimila dipendenti di Amazon a Bessemer, Alabama, hanno tempo fino al 30 marzo per votare sì o no alla costituzione di una rappresentanza sindacale. Sarebbe la prima volta per il gigante della logistica negli Stati Uniti. Perché Jeff Bezos non vuole i sindacati nelle sue aziende.
Lo dimostra una vera e propria campagna organizzata per screditare il sindacato, per spiegare che i dipendenti Amazon già godono di privilegi esclusi agli altri lavoratori. Il principale sindacato di categoria – Retail, Wholesale and Department Store Union – denuncia che al di là dell’aspetto salariale c’è il grande tema del controllo: Amazon è famosa per avere tra i suoi dirigenti operativi ex appartenenti alle forze armate, sono comparsi pure offerte di lavoro per figure che tengano sotto controllo comportamenti sospetti, il sistema delle sanzioni per i lavoratori è affidato alle app, i ritmi sono decisi dagli algoritmi.
L’importanza del voto nel lontano Alabama sta nell’effetto a catena che potrebbe provocare: se è possibile sindacalizzare la “caserma” Amazon è possibile che si possa fare anche negli altri colossi dell’e-commerce.
Il neo presidente Biden si è indirettamente schierato a favore dei lavoratori di Amazon: senza citare il colosso – suo sponsor elettorale – Biden ha twittato la sua solidarietà ai lavoratori dell’Alabama, uno stato particolarmente arretrato sulle libertà sindacali. Più chiaro di così…
Amazon è un’azienda più che florida. Ha chiuso il 2020 con + 36% di ricavi. Ovvero altri 386 miliardi, di cui 70 finiti direttamente nei conti privati del suo boss, Jeff Bezos. Una parabola che spiega come ci si può arricchire in una fase critica come la pandemia. Sulla situazione sindacale all’interno di Amazon c’è anche una petizione internazionale di Amnesty International.