di Danilo De Biasio
Conosceva la più sperduta delle componenti etniche dell’Africa nera ma a volte si dimenticava le scarpe sotto la scrivania; era una miniera di aneddoti buffi ma riusciva a commuoversi di fronte alla povertà degli slum africani; non parlava fluentemente nessuna lingua straniera ma conosceva la lingua universale del migliore giornalismo, quello dei dati, delle competenze, del disvelamento dei luoghi comuni.
È morto Raffaele Masto, giornalista di Radio Popolare, scrittore di libri da serbare. È stato uno dei primi ospiti del Festival dei Diritti Umani. Anche qui ha portato la sua conoscenza delle periferie del mondo e la sua contagiosa simpatia. Quando al termine del primo Festival gli abbiamo chiesto su cosa occorreva puntare la nostra attenzione ha risposto “lo stato sociale”. Quasi una profezia. Invece no: era giornalismo, di quello migliore. Raffaele Masto aveva capito che lo stato sociale, nella sua Africa come nell’Occidente liberista, quando è ingiusto invece che curare uccide i più deboli. Come è successo a lui, già provato da seri problemi cardiaci, e finito dal collasso della sanità a causa del coronavirus. Ci mancherà.