Essere liberi di esprimere la propria opinione è un diritto sacrosanto che dà voce al pensiero e alle necessità di ogni essere umano. Sudan, Hong Kong, Parigi, o ancora gli scioperi pacifici che sono partiti da New York e hanno coinvolto milioni di persone in tutto il mondo a favore dell’ambiente dimostrano come, stando uniti, ogni appello assume più forza e significato. Non ci si può sentire pienamente liberi se intorno a noi o tra noi molte persone sono costrette a subire l’oppressione, a volte diretta e spesso celata, di un potere che non considera la pluralità. Il compito di un festival di cinema sui Diritti Umani è senza alcun dubbio quello di dare voce e corpo, di considerare ogni denuncia contro tale atteggiamento.
Le molteplici manifestazioni susseguitesi nelle ultime settimane ci dimostrano inoltre che il nostro ruolo non deve essere esclusivamente quello di insegnare e spiegare alle giovani generazioni questi concetti, bensì anche quello di dare loro spazio e voce, di metterci nella condizione di saperli ascoltare e di seguirli. Questo è uno dei princìpi fondamentali del nostro festival, rappresentato quest’anno da diversi titoli, tra cui Nos défaites, di Jean- Gabriel Périot, un documentario in cui sono protagonisti gli studenti di un liceo parigino che analizzano e reinterpretano alcuni passi di un cinema militante e ribelle, realizzato durante gli anni delle rivolte studentesche. Così il cinema non si smentisce e non tradisce mai.
Le proposte che abbiamo avuto il piacere di considerare durante questi mesi di preparazione della sesta edizione del fetival confermano quanto quest’ arte sia sempre legata all’attuale condizione umana, ponendo, attraverso le vicende che ci racconta, importanti elementi di riflessione e di dialogo; interrogandosi-ci attraverso un’incessante ricerca e sperimentazione del proprio linguaggio. Uno specchio della coscienza che continua a riflettere ciò che noi siamo, proprio in nome di un’espressione libera da ogni timore e da ogni pregiudizio. Sono 32 i titoli scelti, tra i quali ben 13 prime svizzere e 4 cortometraggi; tutti i film sono presentati per la prima volta al pubblico della Svizzera italiana. Uno sforzo che vale la pena di compiere, rincuorati dall’affetto e dal coinvolgimento delle migliaia di persone che hanno seguito le precedenti edizioni.
Quest’anno il premio Diritti Umani per l’autore verrà assegnato al regista afgano Hassan Fazili, il quale, nonostante su di lui pesi una sentenza di condanna a morte, trova il coraggio e la capacità, grazie al cinema, di raccontare e rendere pubblica al mondo la sua fuga, rivendicando il diritto alla vita suo e della sua famiglia. Tra i nostri ospiti, avremo il piacere di accogliere uno dei cineasti più attivi e impegnati del nostro tempo. Lech Kowalski accompagnerà al FFDUL il suo ultimo film On va tout péter per denunciare al mondo il diritto al lavoro e alla vita delle famiglie degli operai stessi coinvolti nella protesta contro la chiusura dello stabilimento in cui lavorano. Un film in cui il regista evidenzia, ancora una volta, il suo travolgente coinvolgimento emotivo, sociale e politico.
Il rapporto tra uomo e natura, tra l’essere umano e lo spazio, l’ambiente in cui vive, è una delle tematiche rilevanti di questa edizione, su cui ci soffermeremo grazie a film come Aqaurela di Victor Kossakowsky, Erde di Nichoals Greyhalter e Beautiful Things di Ferrero e Biasin, autori che hanno scelto di indagare questa relazione lasciando che siano soprattutto l’ambiente e gli stessi spazi ad esprimersi, a manifestare la loro rilevanza e la loro forza, permettendoci di riflettere su quanto le scelte dell’uomo influiscano sulla loro sopravvivenza.
A due veterani del cinema sono dedicate le giornate di apertura e di chiusura del festival. Si apre con Patricio Guzmán e La cordillera de los sueños, che presenteremo in anteprima svizzera; un inno alla bellezza del creato – le montagne delle Ande – che il cineasta cileno suggerisce di contemplare perché raccolgono nella loro roccia la storia di un paese che sembra aver perso la memoria e la capacità di lottare contro le ingiustizie che ancora la affliggono, avendo consegnato il suo destino all’agiatezza di facciata di una società improntata sul neo liberismo di mercato. Chiuderemo invece il FFDUL con il sempre sorprendente Ken Loach. Il suo ultimo film, Sorry we missed you ci parla di una sorta di spirito di sopravvivenza moderno, tutto basato sulla competitività alienante del capitalismo e del lavoro, che rischia di lenire ogni minimo elemento di convivenza familiare e quindi sociale.
Antonio Prata
Direttore FFDUL
Info sul Film Festival dei Diritti Umani di Lugano qui.