Ce lo ricorderemo per sempre. Il periodo del Coronavirus; delle mascherine e delle piattaforme digitali per salutare i “congiunti”, dei termometri all’ingresso dei negozi e delle pericolose sciocchezze pronunciate dai governanti; della musica dai balconi e dei divieti; delle terapie intensive al collasso e dei camici bianchi cubani…
Dal dopoguerra niente di paragonabile: un pericolo globale, infido, che mette in discussione la salute, le libertà, il futuro. In questo contesto dove l’ansia si è mescolata alla resilienza abbiamo deciso di confermare e reinventare il Festival dei Diritti Umani. Tutto in livestreaming, tutti gli ospiti collegati in audio/video. E abbiamo deciso di confermare il tema scelto mesi prima: i diritti delle persone con disabilità. Perché abbiamo capito che la tutela delle persone fragili era la sonda per misurare la tenuta etica di questa società. Grazie agli ospiti del Festival abbiamo capito che c’è stato e c’è ancora il pericolo che vincano le logiche egoistiche, economiciste. Gli anziani e le persone con disabilità sono “sacrificabili”, sono un costo, soprattutto in una fase di emergenza. Ce l’hanno detto Elio (il frontman delle “Storie tese”) invitato per raccontare del figlio autistico, Alberto Fontana – che si è detto choccato da come i diritti delle persone disabili siano stati messi in un angolo – l’economista Tito Boeri, che ha parlato di “atti criminali” compiuti dalle amministrazioni contro i più fragili.
Il Festival 2020 ha scelto di essere una tribuna delle persone con disabilità: dei 56 ospiti la metà viveva una condizione di disabilità e molti dei restanti speaker ne erano in qualche modo coinvolti come studiosi o caregiver. Una platea vitale, arrabbiata, coraggiosa, autoironica, che denuncia, racconta le proprie imprese, dà voce a chi – per tanti motivi – non riesce a farlo.
La disabilità non è un blocco monolitico: c’è chi per gravità della condizione, per carattere o perché ha avuto le opportunità è in grado di insegnare, cantare, diventare genitore, girare un film, nuotare veloce come un delfino. E chi non riesce? Forse non riesce perché chi doveva non ha rimosso l’ostacolo, a volte anche fisico, che glielo impedisce. Questa è l’altra lezione che abbiamo imparato con il Festival 2020: sgombrare la strada dagli ostacoli non fa bene solo a chi si muove in carrozzina o non vede, fa bene a tutti. La progettazione universale, applicata agli edifici o ai software è alla portata di qualsiasi azienda, ente locale o amministrazione, basta volerlo.
Ma un evento di 15 ore di diretta, 6 documentari, giochi interattivi per studenti è difficile da riassumere, meglio ascoltarlo e vederlo: basta andare qui per farsene un’idea.
Un particolare ringraziamento ai tanti che hanno seguito l’edizione “coronavirus” del Festival. E al network che ha contribuito a realizzarlo. Abbiamo avuto problemi tecnici che a volte hanno reso difficile rimanere collegati online: con un po’ di autoironia diciamo che anche lo staff del Festival è stato resiliente e ha voluto portarlo a termine. I numeri sembrano premiare questa scelta: ci sono stati 1800 studenti iscritti provenienti da 25 scuole, la più lontana da Conversano, in provincia di Bari; su Facebook abbiamo avuto 150mila visualizzazioni al giorno; sul canale YouTube del Festival abbiamo superato i 12mila nuovi utenti; l’account di Twitter ha registrato un + 300% di visite; e abbiamo incrementato di oltre 400 utenti il nostro profilo Instagram. I dati forniscono anche un altro aspetto interessante: il pubblico che segue il Festival dei Diritti Umani è principalmente femminile, perlopiù nella fascia di età dai 25 ai 44 anni. Con questi numeri e con tutto quello che abbiamo imparato dai nostri ospiti possiamo dire che resterà un’edizione indimenticabile del Festival dei Diritti Umani. Non resta che far crescere questa realtà e chiediamo a chi ci legge di sostenerci.
Danilo De Biasio