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Abbiamo pensato di dedicare a “Guerre e Pace” l’edizione di quest’anno del Festival dei Diritti Umani perché sentivamo crescere la voglia di conflitto. Un quinto del pianeta è in guerra. Spesso con armi italiane. Come nel caso dello Yemen e della Turchia. Proprio oggi che l’esercito turco ha cominciato l’operazione militare contro i curdi denominata “sorgente di pace” la Rete Italiana per il Disarmo chiede al Ministro degli Esteri Luigi Di Maio di sospendere tutte le forniture di armamenti e sistemi militari verso il Governo di Ankara, come prevede la legge 185 del 1990 che impedisce di inviare armi a Paesi in stato di conflitto armato. Lo stesso network dei pacifista, che è stato partner del Festival dei Diritti Umani, ricorda che la Turchia è da molti anni uno dei maggiori clienti dell’industria bellica italiana, per esempio con gli elicotteri T129. Francesco Vignarca, portavoce di Rete Disarmo, aggiunge che  “negli ultimi quattro anni l’Italia ha autorizzato forniture militari per 890 milioni di euro e consegnato materiale di armamento per 463 milioni di euro: armi o sistemi d’arma di calibro superiore ai 19.7 mm, munizioni, bombe, siluri, arazzi, missili e accessori oltre ad apparecchiature per la direzione del tiro, aeromobili e software”. Giorgio Beretta, analista del commercio d’armi, fa notare l’ipocrisia italiana: da una parte sostiene l’impegno delle forze curde che hanno contrasto l’ISIS, dall’altra “continua a inviare sistemi militari alla Turchia che oggi intende occupare militarmente i territori curdi. E’ giunto il momento – conclude Giorgio Beretta – che il Parlamento faccia sentire la propria voce chiedendo lo stop alle forniture di sistemi militari di produzione italiana. L’appartenenza della Turchia alla Nato non può costituire un alibi per non affrontare la questione ed assumere le necessarie decisioni”.

Grazie a Gianluca Costantini per l’illustrazione