di Danilo De Biasio
Domenica pomeriggio. Luogo indeterminato della Padania. Il Ministro dell’Interno Salvini sta pensando come distrarre l’opinione pubblica con un altro capro espiatorio. «Migrare = pacchia»: già detto. «Le ONG sono vicescafisti»: idem. «Un momento – ha pensato Salvini – mancano i rom: posso lanciare la loro schedatura».
Sempre domenica pomeriggio. Giardino dell’ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini di Milano, festa di Radio Popolare. Sfidando il caldo qualche centinaio di ascoltatori è venuta ad ascoltare un dibattito su fake-news e hate-speech. E chi c’era ha potuto capire, con testimonianze dirette, il futuro che aspetta l’Italia con questo governo Lega/5 Stelle: diventare la nuova Ungheria.
Sul palco per parlare di “respect word”, il progetto europeo contro il discorso d’odio a cui hanno lavorato radio di sette nazioni europee, c’erano Ferenk Viksec, ex direttore di canali pubblici ungheresi, oggi a capo dell’unica radio libera, Civic Radio; Laura Boldrini, che ha subito molestie digitali impressionanti; Anna Del Freo, con il suo doppio incarico italiano ed europeo nel sindacato dei giornalisti; Marco Di Puma che ha coordinato per Radio Popolare il progetto e il sottoscritto, che si è occupato di trasformare gli incontri internazionali del progetto in linee guida per giornalisti e blogger. Coordinava il dibattito Chiara Ronzani di Radio Popolare.
Ferenc Vicsek ha spiegato che in questi giorni il governo ungherese introdurrà nella Costituzione (!) il divieto di accogliere i migranti, punendo con il carcere anche chi semplicemente fornirà loro assistenza legale o burocratica. Come è possibile? Semplice: alle ultime elezioni Orban ha ottenuto i 2/3 del Parlamento e dunque può fare ciò che vuole della Costituzione. Ma come ha fatto a ottenere così tanti voti? Semplice: “comprando” attraverso enti governativi o amici imprenditori tutti i media ungheresi, che adesso scrivono senza incontrare alcuna voce critica che Soros finanzia le navi che portano i migranti a invadere l’Europa. La presenza in Italia del coraggioso giornalista ungherese è importante anche per il messaggio finale lanciato dal palco della festa di Radio Popolare: “l’anno prossimo ci sono le elezione europee e se non vi svegliate dall’incubo in tutte le nazioni il voto sarà un referendum pro o contro i migranti”.
Tutto torna, ha chiosato Laura Boldrini: Orban e il gruppo di Visegrad sono gli alleati di Salvini ma dovrebbe essere l’opposto, perché è proprio la loro politica contro le quote migranti che sta creando i problemi all’Italia. Problemi che il Ministro dell’Interno italiano strumentalizza a proprio favore. Chi può svelare questa truffa? Non i giornali, ha sostenuto l’ex Presidente della Camera, perché spesso sono creatori di bugie per infangare. L’ha subito sulla propria pelle Laura Boldrini, a cui sono state intestate parecchie nefandezze, tutte false, che hanno però alimentato il clima anti-casta che ha prodotto il quadro politico attuale. «Se c’è un Ordine dei Giornalisti, se c’è una Federazione della Stampa dovrebbero battere un colpo, perché se non intervengono lasciano che l’intera categoria dei giornalisti venga delegittimata, declassata a disinformatori». La palla passa direttamente ad Anna Del Freo che non può che ammettere che i codici deontologici ci sono, che le campagne di sensibilizzazione in Italia e in Europa ci sono, che c’è un impegno costante di molti giornalisti, ma che altrettanti non seguono nessuna di queste regole. Con un paradosso tipico di quando si vuole segnare i confini tra libertà d’espressione e offesa: Anna Del Freo ha ricordato che in Russia l’attivista gay Konstantin Golava è stato imprigionato grazie ad una legge ambigua sulla libertà di espressione, perché le sue critiche a Putin sono state considerate incitazioni all’estremismo.
Marco Di Puma ha sottolineato l’importanza del progetto europeo “respect word” perché segnala che anche a Bruxelles comincia a manifestarsi la consapevolezza della pericolosità del fenomeno delle fake-news che spesso sono alla base dell’incitazione all’odio. In ogni caso le linee guida emerse, e pubblicate in sette lingue, non sono pensate come “tavole della legge” per i giornalisti ma come “buone pratiche” da usare sia per chi scrive (anche sui blog) e chi legge.
«Abbiamo provato a mettere nero su bianco le regole del buon giornalismo», ha spiegato chi scrive queste righe, aggiornandole alle dinamiche della comunicazione digitale. Per esempio dovrebbe diventare dovere di un giornalista confutare con dati di fatto le falsità spacciate dai politici (o da colleghi) come “punti di vista”. Ma senza mai scendere al livello della polemica come in uso in molte trasmissioni radiotelevisive, perché non può esserci par condicio tra una fake-news e un dato di realtà. Mi piace ricordare che alle linee guida di “respect word” abbiamo lavorato fianco a fianco con alcuni studenti delle Scuole di giornalismo Walter Tobagi di Milano, Giorgio Bocca di Torino, della Cattolica di Milano e dell’Università Milano Bicocca: se cambierà in meglio questa professione dipenderà da loro.
Ma anche loro poco potranno contro questo matrimonio di interesse tra pessimo giornalismo e pessima politica se – come ha suggerito Laura Boldrini – ciascuno di noi continuerà a bere l’acqua di quei pozzi che i professionisti della bugia e dell’odio continuano ad avvelenare. Il rischio è che bevendone un poca ogni giorno diventiamo insensibili a quel veleno.
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