I governi, come i pranzi, vanno giudicati al momento del conto. E quindi non si può ancora giudicare l’esecutivo di Mario Draghi. Però si può ragionare – proseguendo con la stessa metafora – sugli ingredienti, sullo chef, sulla pulizia del locale…
Il Festival dei Diritti Umani ha realizzato cinque edizioni, ciascuna con un focus su una grande famiglia di diritti. La prima riguardava le discriminazioni che colpiscono le donne. Sul tema il Governo Draghi parte male, parecchio male. 8 ministre su 23, più o meno un terzo. L’esempio dovrebbe partire dall’alto e invece la composizione dell’esecutivo dice che c’è ancora parecchio da fare contro le discriminazioni di genere. Basti un dato: a dicembre l’Istat certificava che su 101mila posti di lavoro persi 99mila erano di donne.
La seconda edizione del Festival dei Diritti Umani è stata dedicata alla libertà d’espressione. Qui possiamo prendere in prestito la lettera aperta pubblicata da Articolo21 e firmata da Vincenzo Vita che sottopone a Palazzo Chigi alcune urgenze: un adeguato intervento normativo contro le querele temerarie, usate per intimidire i giornalisti; il precariato nelle redazioni; rimodellare il Fondo per il pluralismo e l’editoria, che è governato da algoritmi opachi; combattere le concentrazioni editoriali; dare regole più stringenti ai social.
Il focus della terza edizione del Festival dei Diritti Umani era la distruzione dell’ecosistema. La grande novità del Governo Draghi è il Ministero della Transizione Ecologica – anche se per ora continua a chiamarsi Ministero dell’Ambiente – che è stato affidato a Roberto Cingolani. Partito dalla robotica e dalle nanotecnologie, da due anni è manager dell’industria d’armamenti Leonardo. Basta un’etichetta per garantire un cambio nella strategia della produzione, della mobilità, del consumo di suolo, dell’energia, delle colture e allevamenti intensivi? No, non basta.
La quarta edizione del nostro festival l’abbiamo dedicata alle guerre. Riuscirà il ministro confermato Lorenzo Guerini a dare seguito all’unica iniziativa coraggiosa del precedente governo, cioè il divieto di vendita di armi all’Arabia Saudita usate nella guerra nello Yemen? E ancora: insieme al Ministro degli esteri riuscirà a bloccare il business bellico con l’Egitto, un regime che depista le indagini su Giulio Regeni e che ha sbattuto in carcere da un anno, con accuse ridicole, Patrick Zaki?
L’anno scorso il Festival dei Diritti Umani ha reso protagoniste le persone con disabilità. Il Governo Draghi parte con l’istituzione di un ministero ad hoc, assegnato a Erika Stefani. Delle idee della ministra leghista sulle disabilità non si sa nulla. In compenso si sa che chiedeva la fine degli sbarchi di immigrati, e inalberava cartelli contro lo ius soli. Mettiamo da parte queste esternazioni fuori contesto: diverse associazioni che si occupano di disabilità contestano proprio l’idea di un ministero dedicato, lo considerano una ghettizzazione dell’argomento, che avrebbe invece bisogno di interventi trasversali: scuola, salute, trasporti…
Concludendo: sui diritti questo governo deve dimostrare di essere capace di rispettarli e ampliarli. Non regge l’obiezione che la priorità delle priorità di Draghi deve essere l’economia, perché è proprio attraverso la gestione di quella montagna di soldi europei che si potrà provare a risolvere le grandi disuguaglianze che sono, appunto, la più diffusa e profonda violazione dei diritti umani.
P.S. A sole poche ore dal giuramento del nuovo governo, alcuni commentatori lasciano trapelare le prime delusioni. E sfoderano una nuova narrazione: Draghi ha usato il “manuale Draghelli” per scegliere apposta ministri “politici” di basso profilo per far svettare quelli “tecnici”. Vera o falsa che sia questa versione non cambia di una virgola la nostra domanda: questo governo amplierà e rafforzerà i diritti umani?