Se Greta sbaglia che bisogno ha Trump della Groenlandia?

Esattamente un anno fa Greta Thunberg cominciava una forma di protesta – lo sciopero di una giornata di scuola alla settimana – che ha avuto un effetto domino su milioni di giovani in tutto il mondo. Era l’avvio del movimento #fridayforfuture. Una mobilitazione globale, generazionale, senza slogan da vecchia politica, proiettata verso il futuro. E noi del Festival dei Diritti Umani, che abbiamo dedicato la terza edizione proprio alla distruzione dell’ecosistema, abbiamo chiesto a Pippo Civati e Francesco Foti di scrivere una riflessione su questo anno di Greta. Perché a loro? Ma perché sono gli autori di Seguendo Greta, libro e e-book pubblicato da People. 
Se Greta ha torto perché Trump vuole comprare la Groenlandia? (E non solo lui)
di Pippo Civati con Francesco Foti
Sta facendo il giro del mondo la notizia secondo cui il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump sarebbe interessato ad acquistare la Groenlandia dalla Danimarca. Interesse che è stato accolto con ilarità, tanto da parte dei media che del pubblico, che l’hanno giudicato l’ennesimo segno della stravaganza e dell’improbabilità del leader repubblicano, al punto che i più arditi si sono spinti a provare a calcolare il valore della distesa artica in aringhe sottaceto, uno dei piatti simbolo della regione.
È una reazione comprensibile, ma che potrebbe far perdere di vista alcuni spunti di riflessione interessanti che la vicenda offre, specie ora che lo stesso Presidente ha confermato che l’interesse non è prioritario, ma esiste.
Perché Trump dovrebbe voler comprare la Groenlandia, che interesse potrebbero avere gli USA a possederla? La domanda non è peregrina, specie se si considera che non è la prima volta che un presidente degli Stati Uniti avanza un’offerta di questo tipo al regno nordeuropeo. Già Truman, infatti,  aveva offerto nel 1946 cento milioni di dollari – circa un miliardo e trecento milioni di oggi – al governo danese, che aveva rispettosamente declinato.
Perché, quindi, questa attenzione per l’isola artica? Ci sono diverse ragioni, come diverse testate mondiali hanno riportato. Larry Kudlow, consigliere economico del Presidente, ha dichiarato che una delle principali ragioni di interesse per l’isola è la sua ricchezza di risorse naturali – la Groenlandia abbonda di minerali ferrosi, piombo zinco, diamanti, uranio e sì, anche petrolio – mentre altre fonti hanno parlato della sua posizione strategica dal punto di vista militare – l’isola ospita una grande base aerea americana e un potentissimo sistema di radar che fa parte della grande rete di monitoraggio globale degli USA.
Ma la ragione più importante l’ha rivelata il Segretario di Stato Mike Pompeo, che ha associato l’interesse di Trump verso il Grande Nord con quello per le attività del suo grande avversario, la Cina.
E qui la cosa si fa interessante. Le mire per la Groenlandia deriverebbero, infatti, dal desiderio di competere attivamente e di mettere i bastoni tra le ruote alle nuove rotte commerciali che la Cina starebbe progettando per gli anni e i decenni a venire, sotto l’egida della Belt and Road Initiative, la cosiddetta Nuova Via della Seta. Una delle nuove rotte pianificate dal gigante asiatico passerebbe proprio per l’Artico.
Chi ha letto Marzio G. Mian – Artico: La battaglia per il Grande Nord (Neri Pozza) – sa che è la questione geopolitica più importante dei prossimi anni.
I cinesi, infatti, prevedono che con il progressivo scioglimento delle calotte polari si apriranno nuove rotte finora impraticabili e, peraltro, le risorse naturali di cui sopra saranno molto più accessibili.
Quello che dovrebbe stupire, a questo punto, è l’interesse di Trump a perseguire questa strada in competizione con il suo rivale.
Trump è, infatti, uno dei principali leader del fronte negazionista rispetto al cambiamento climatico, da lui definito in infinite occasioni una bufala e persino un’invenzione proprio della Cina per minare gli interessi commerciali degli USA.
La mossa del magnate del mattone newyorchese tradisce la sua malafede, quindi. Se Greta ha torto, se l’emergenza climatica è una balla – tanto che a ogni comizio chiede: «non sentite freddo? Ci vorrebbe un po’ di riscaldamento, non trovate?» – perché interessarsi alle potenzialità derivanti dagli effetti di un riscaldamento globale che non esiste?

 Se gli innumerevoli dati sul cambiamento del clima sono solo fake news messe in giro dalla Cina o da chissà chi altri, se Greta è una «gretina» come elegantemente scrivono alcuni giornali italiani, perché cadere nella loro trappola e investire su risorse naturali e rotte commerciali che non saranno mai accessibili, visto che lo scioglimento dell’Artico è solo fuffa?
Questa mossa agostana di Trump, se si resiste alla tentazione di ridicolizzarla con qualche battuta, squarcia il velo su una realtà drammatica tra le più importanti e cariche di conseguenze. Esiste un preciso disegno globale da parte dei negazionisti del clima: minimizzare e negare le evidenze scientifiche sul mutamento del clima con una mano, massimizzare i profitti delle nefaste conseguenze del grande sconvolgimento con l’altra.
Può sembrare solo una boutade estiva, ma non c’è cosa più importante della quale occuparsi. Oggi. Subito. Anche senza comprare la Groenlandia.
La fotografia di Greta Thunberg è presente sul suo account twitter.